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La controffensiva ucraina: quali effetti per Russia e Usa?

September 15, 2022

Strategia

– di Andrew Spannaus –

La riconquista di ampi territori nella zona di Kharkiv da parte dell’esercito ucraino in questi giorni rappresenta sicuramente un punto di inflessione nella guerra. Dopo mesi in cui le parti sono riuscite ad avanzare solo molto lentamente si vede il primo cambiamento significativo, alimentando speranze in occidente di ulteriori successi per Kiev e facendo parlare di “vittoria” in vista. La situazione, però, è complessa, in quanto la domanda più importante oggi, come lo è sempre stata in questi mesi, è cosa farà la Russia di Vladimir Putin se dovesse avere la percezione di perdere il conflitto; cioè, se ci sarà effettivamente un rischio di escalation, oppure se la Russia potrebbe veramente essere sconfitta, messa in ginocchio non solo militarmente, ma anche politicamente al suo interno.

Partiamo dai fatti militari. Per mesi si è parlato di un imminente contrattacco ucraino nella zona di Kherson. A molti è sembrato un modo strano di condurre la guerra, annunciare apertamente quando e dove saranno avviate le nuove operazioni. Alla fine di agosto gli ucraini hanno effettivamente cominciato ad avanzare nella zona di Kherson, riprendendo il controllo di qualche villaggio. Ma gli effetti più importanti di questa strategia dell’annuncio ora sono evidenti: mentre gli occhi erano puntati a Sud, con l’aiuto dell’intelligence della Nato si è individuato un punto più debole a Nordest, riuscendo a sfondare le linee del nemico.

Non solo i russi avevano spostato uomini e materiali per rafforzare la zona di Kherson, ma a Kharkiv la difesa era in buona parte affidata alle milizie della Repubblica popolare di Donetsk, e quindi con un addestramento e un hardware militare inferiore rispetto a quello dei soldati russi. Mosca era cosciente della debolezza delle linee difensive su quel fronte, e infatti aveva cominciato a preparare dei piani per il ritiro in anticipo. Non c’era la possibilità di portare i rinforzi necessari, e si voleva evitare il combattimento ravvicinato in linea con la tattica degli ultimi mesi, per limitare le perdite. Di conseguenza si è visto un ritiro rapido e relativamente ordinato, per stabilire una nuova linea di difesa.

Gli ucraini hanno preparato bene l’offensiva, sfruttando le armi arrivate negli ultimi mesi e anche –secondo alcune analisi – le nuove brigate, ben addestrate da parte della Nato. Hanno anche utilizzato la tattica di “squadre volanti”: invece di combattere contro le posizioni difensive lungo la strada hanno aggirato i paesi e le città per attaccare le vie di comunicazioni retrostanti.

Sul lato ucraino il successo è essenziale dal punto di vista politico: la dimostrazione che gli aiuti effettivamente servono a qualcosa. Infatti la grande preoccupazione dall’inizio è stata di trovare un modo per convincere i governi occidentali ad impegnarsi fino in fondo, sapendo che la voglia di combattere degli ucraini non basta certamente senza una grande quantità di aiuti dall’esterno. Si registra anche una maggiore collaborazione a livello di intelligence militare: attraverso il New York Times, il governo americano ha voluto sottolineare che è venuta meno la reticenza di Kiev di farsi aiutare, cioè di condividere la propria strategia, di cui gli americani si erano lamentati agli inizi di giugno. Ora non mancano le voci che rivendicano il ruolo delle forze speciali Usa nella controffensiva.

Da Mosca, il successo di questo attacco serve da conferma che ormai si tratta di guerra aperta con gli Stati Uniti e la Nato.

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