(free) – di Andrew Spannaus –
A novembre del 2018 si voterà per le elezioni di medio termine negli Stati Uniti. La posizione del partito al potere – che spesso soffre dopo i primi due anni del nuovo mandato presidenziale – sembra ancora più a rischio quest’anno, con una resistenza significativa a Donald Trump e ai repubblicani in generale, le cui politiche non sembrano andare incontro al fermento populista nel paese.
Attualmente i repubblicani detengono la maggioranza sia alla Camera sia al Senato. Tra gli strateghi del partito fa strada l’impressione che sarà difficile mantenere il controllo del la Camera. Nonostante il vantaggio conseguito dai repubblicani nell’ultimo decennio con il diritto di ridisegnare i collegi elettorali (gerrymandering), è probabile che i democratici riusciranno a strappare un numero sufficiente di seggi per ottenere la maggioranza; si punta soprattutto alle zone dei sobborghi, dove i repubblicani hanno ricevuto voti dalla classe media disillusa dalla politica, ma che ora sembra pronta ad un’altra virata, almeno temporanea.
Il Senato invece è più incerto. Qui si vota per solo un terzo dei seggi ogni 2 anni, e in questa tornata i democratici giocano in difesa, dovendo difendere seggi ottenuti grazie all’effetto trascinamento della vittoria di Barack Obama nel 2012 (l’inizio del mandato di 6 anni per i senatori). Anche qui i democratici sperano di ribaltare la situazione attuale, ma i margini sono decisamente più stretti.
E’ interessante notare che la principale preoccupazione dei repubblicani nel caso di perdita della maggioranza non riguarda uno stallo legislativo o l’avvio di indagini del Congresso su Trump. Piuttosto si esprime la paura che il presidente potrebbe abbandonare il suo partito e cercare di raggiungere degli accordi con i democratici.
Secondo un articolo recente del Washington Post, “alcuni nel GOP (il partito repubblicano) temono che i democratici potrebbero utilizzare il controllo completo del Congresso per cooptare il presidente, ideologicamente malleabile, e far avanzare le proprie priorità”. Viene citato l’ex Chairman del partito repubblicano Michael Steele, che oltre ad affermare che la Camera dei Rappresentanti è essenzialmente già persa, esprime le sue preoccupazioni per un alleanza Trump-democratici “Trump farà un qualsiasi accordo che gli permetterà di ottenere i voti necessari. E’ un opportunista”.
Finora il bilancio della presidenza Trump è a dir poco incompleto. Eletto con l’obiettivo di rivitalizzare l’economia del paese attraverso un ritorno alle manifatture e una nuova enfasi sulla classe media-bassa, il presidente si trova a dover perseguire questi obiettivi all’interno della cornice legislativa del partito repubblicano, in cui molti hanno istinti diversi. Dunque se da una parte la riforma fiscale mira a riportare gli investimenti produttivi negli Stati Uniti, dall’altra si continua a tagliare i programmi sociali, e ciò entra in conflitto con quanto promesso da Trump. Inoltre il tanto atteso piano delle infrastrutture è stato rimandato, e ridimensionato. Su questo ultimo punto in particolare i democratici potrebbero effettivamente essere interessati a collaborare con il presidente, cercando di aumentare la componente pubblica del piano per garantire maggiori investimenti.
– Newsletter Transatlantico N. 13-2018
April 14, 2018
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