– di Andrew Spannaus –
Un anno fa Donald Trump approvò il bombardamento della base aerea siriana di Shayrat, in risposta ad un presunto attacco chimico da parte del governo di Bashar al-Assad. Dopo poco tempo è diventato evidente che tale intervento non rappresentò un cambiamento vero nella politica americana verso la Siria, in quanto Trump continuò a cercare la collaborazione della Russia per sconfiggere l’Isis, senza puntare all’estromissione di Assad.
L’azione dimostrativa dell’aprile 2017 ebbe una conseguenza importante però, già prevedibile allora: che al prossimo attacco chimico – vero o presunto – sarebbe diventato più difficile evitare di intervenire. Ora si è arrivati a questo punto, con un Trump che subito dopo i fatti di Douma – senza aspettare le indagini – ha minacciato un nuovo attacco missilistico, mentre le pressioni per l’intervento sono salite alle stelle.
La Francia e la Gran Bretagna – sempre pronte a spingere sull’alleato americano – dichiarano la loro disponibilità a partecipare ad un attacco, mentre come di consueto la Germania e l’Italia si mostrano più caute.
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April 14, 2018
Politica, Strategia