(free) – di Andrew Spannaus –
La decisione del Procuratore speciale Robert Mueller di pubblicare un nuovo atto d’accusa in merito alle indagini del Russiagate pochi giorni prima dell’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin a Helsinki ha sollevato comprensibilmente dei dubbi sull’indipendenza del suo ufficio. Le nuove accuse, infatti, non portano prove concrete, e ovviamente non rivestono carattere d’urgenza, in quanto riguardano presunti agenti dell’intelligence russo che evidentemente non sono soggetti alla giurisdizione Usa. Dunque l’effetto principale di questo annuncio è stato di permettere a politici e giornalisti di scagliarsi contro il Presidente e chiedere l’annullamento del vertice in Finlandia. Lo hanno fatto i repubblicani (John McCain) e i democratici (Chuck Schumer), aggiungendo peso alla campagna che mira a bloccare la diplomazia personale di Trump nei confronti del Presidente russo.
Nonostante il clamore mediatico, il nuovo atto d’accusa non rafforza la tesi principale, quella della “collusione” tra persone vicine a Trump e operatori russi. Il viceministro della Giustizia Rod Rosenstein ha affermato: “I cospiratori hanno interagito con alcuni americani attraverso internet nel corso della cospirazione. Non si afferma mai in questo atto che tali americani fossero consapevoli di intrattenere una corrispondenza con gli ufficiali dell’intelligence russo”. Dal canto suo, il Governo russo nega che gli individui citati lavorino per la GRU (l’agenzia indicata dagli americani).
Un’altra grande debolezza del teorema di Mueller sta nel modo in cui si “dimostra” l’intrusione informatica. Come abbiamo scritto più volte in passato, non sono state presentate prove fisiche delle operazioni di hacking, e Julian Assange di Wikileaks afferma di aver ricevuto le e-mail di Hillary Clinton da una talpa dentro il partito democratico. Le conclusioni degli inquirenti invece si basano sul lavoro di una società privata, Crowdstrike, che dice di aver trovato prove delle intrusioni russe entro poche ore dopo la segnalazione da parte del comitato centrale del partito; queste includerebbero scritte in cirillico e anche il nome di uno dei capi dell’intelligence russo (non proprio un lavoro raffinato e attento, se i russi sono stati).
Il problema è che nessuno vuole presentare le evidenze a livello pubblico. Quando nel febbraio di quest’anno Mueller ha accusato l’Internet Research Agency di San Pietroburgo di aver interferito nelle elezioni, acquistando pubblicità e organizzando manifestazioni politiche, a grande sorpresa gli avvocati della Agency si sono presentati a Washington, chiedendo di poter visionare le prove. Mueller si è rifiutato, e ancora oggi sta cercando modi per evitare di produrre alcunché, naturalmente citando la necessità di non svelare i metodi e le fonti d’intelligence. L’effetto totale, però, è di confermare l’impressione che le indagini abbiano principalmente uno scopo politico, e non mirano a conseguire un risultato concreto sul piano della giustizia.
Ancora una volta occorre ricordare che mentre i russi possono benissimo aver tentato di influenzare la politica americana – che non sarebbe inedito nemmeno tra alleati, figuriamoci tra avversari – la campagna del Russiagate viene utilizzata per coprire gli errori di Hillary Clinton, e per tenere in piedi una visione da Guerra Fredda, che secondo alcuni analisti ha portato ad una situazione di tensione e incertezza anche peggiore di quello che esisteva decenni fa. Le aperture di Trump non sono in grado di cambiare fondamentalmente la situazione, perché Putin – secondo Michael Kofman, esperto del Centro di analisi navale Usa, per esempio – ha già concluso che Trump è troppo condizionato dal Congresso, dai funzionari intorno a lui e anche dalla campagna mediatica, per poter trasformare veramente le relazioni con la Russia. Tuttavia alcuni progressi sono stati fatti al vertice di Helsinki, seppur senza grandi annunci, ma ancora una volta buona parte dei media hanno scelto di concentrarsi – in modo piuttosto isterico, va detto – sul tema che interessa a loro, ignorando le vere questioni diplomatiche in ballo.
– Newsletter Transatlantico N. 24-2018
July 19, 2018
Notizie, Politica