(free) – di Andrew Spannaus –
L’Arabia Saudita ha deciso di riaprire il porto di Hodedah e anche l’aeroporto di Sana’a per permettere le consegne di aiuti umanitari nello Yemen, dopo aver concluso “una revisione completa delle procedure di ispezione e verifica” utilizzate per attuare le sanzioni approvate dalle Nazioni Unite. L’agenzia di stampa saudita Al Arabiya riferisce anche che “presto la Coalizione annuncerà un piano di operazioni umanitarie che punterà a fornire assistenza e soccorsi al popolo yemenita, e a facilitare la consegna del cibo a tutti i governatorati dello Yemen”.
Queste azioni indicano dei passi indietro da parte dei sauditi rispetto alla politica di blocco totale dello Yemen degli ultimi anni, giustificata dalla necessità di contrastare l’Iran. Nelle scorse settimane la retorica anti-iraniana era aumentata ulteriormente, in linea con l’approccio aggressivo del principe ereditario Mohammad bin Salman.
Molti hanno chiesto, giustamente, se l’Arabia Saudita sarebbe in grado di adottare questa nuova postura senza l’appoggio degli Stati Uniti. Infatti nel suo primo viaggio in Medio Oriente, lo scorso maggio, il Presidente Trump ha dato l’impressione di aver confermato pienamente la vicinanza americana al tradizionale alleato saudita, placando le paure sollevate dal perseguimento di migliori rapporti con l’Iran da parte del Presidente Obama, e dalla volontà di Trump di sconvolgere la politica estera Usa. L’accordo firmato per la vendita di oltre 100 miliardi di dollari di armamenti ha dimostrato che il nuovo presidente non intende sfidare apertamente il complesso militare-industriale degli Stati Uniti.
Gli eventi di questa settimana indicano invece che l’Amministrazione Usa non è pronta a dare un assegno in bianco all’alleato saudita, soprattutto se questo significa fomentare ulteriore instabilità nella regione. In un articolo pubblicato il 22 novembre la Reuters cita due fonti diverse che parlano di richieste comunicate da parte del Segretario di Stato Usa Rex Tillerson a bin Salman di allentare il blocco contro lo Yemen. L’agenzia riporta le parole di R.C. Hammond, un consigliere di Tillerson, secondo cui il suo capo “ha portato la richiesta all’attenzione dei sauditi diverse volte negli ultimi mesi”.
Gli Usa avrebbero fatto pressioni sui sauditi anche in merito alla situazione libanese, chiedendo che il Primo Ministro Saaid al-Hariri potesse tornare a Beirut dopo le dimissioni annunciate il 4 novembre, da Riyadh. Tillerson avrebbe sottolineato l’importanza di un “dialogo responsabile” all’interno del Libano, per scongiurare lo scoppio di una crisi più grave, come sembrava probabile con la messa in discussione del ruolo di Hezbollah.
Questi due interventi da parte degli Stati Uniti contraddicono la postura positiva espressa da Trump in merito alle relazioni Usa-Arabia Saudita, indicando che sotto la superficie esistono “vari gradi di frustrazione da parte dei diversi componenti dell’Amministrazione”, come ha dichiarato il Senatore Todd Young dell’Indiana parlando della situazione dello Yemen.
La Reuters riporta anche altre valutazioni anonime, sottolineando le richieste americane di affrontare la situazione umanitaria nello Yemen, ma anche la sensazione che le pressioni americane non assurgono al livello di un cambiamento di rotta generale. Secondo un funzionario americano citato nell’articolo Jared Kushner, il genero di Trump che gestisce i rapporti con bin Salman, rimane convinto dell’importanza dell’alleanza con il principe ereditario per contrastare l’influenza iraniana in tutta la regione.
– Newsletter Transatlantico N. 49-2017
November 26, 2017
Notizie, Strategia