(free) – di Paolo Balmas –
Si avvicina la data del viaggio del presidente Trump in Asia, dal 3 al 14 novembre 2017. Il lungo giro prevede soste in Giappone, in Cina, in Corea del Sud, in Vietnam, nelle Filippine e alle Hawaii. Il viaggio è chiaramente associato alla crescente sfida fra Washington e Pyongyang. Soprattutto perché l’annuncio ufficiale della Casa Bianca è avvenuto in concomitanza con l’inizio delle esercitazioni congiunte fra le forze Usa e sudcoreane a largo delle coste coreane. Malgrado la richiesta di de-escalation proposta principalmente da Pechino e da Mosca, gli Stati Uniti stanno proseguendo sulla via dell’impossibilità del dialogo con la Corea del Nord. Pyongyang ha insistito sulla cessazione delle attività militari statunitensi in Corea, richiesta che Washington non può accogliere se prima non sia confermata la fine del programma nucleare e missilistico del governo nordcoreano. Sentenziata la chiusura del dialogo, seguita dalla mobilitazione della settima flotta, comandata dalla portaerei USS Ronald Reagan e dalla notizia che una squadra delle forze speciali Usa, denominata “Decapitazione” ha preso parte alle esercitazioni, ci si aspetta una reazione dal Nord, che non potrà fare altro che prendere i fatti come una diretta provocazione.
Tuttavia, il viaggio di Trump ha come fine anche l’intesa commerciale che il Presidente ha dichiarato sin dalla campagna elettorale di voler sostenere. Inizia così lo svolgimento della strategia messa in atto dalla nuova Amministrazione che persegue l’idea di privilegiare i rapporti bilaterali al posto dei trattati multilaterali, come il Trans Pacific Partnership, abbandonato da Trump come uno dei primi atti di governo a inizio di quest’anno. Inoltre, nel viaggio, si scorge l’interesse di voler consolidare e ampliare il nuovo mercato statunitense delle esportazioni di greggio. Da quando Trump è entrato nella Casa Bianca le esportazioni di petrolio sono aumentate esponenzialmente. La Cina, il Giappone e la Corea del Sud, insieme alla Gran Bretagna, all’Olanda e all’Italia sul fronte europeo, sono le maggiori acquirenti. La Cina il mercato principale con oltre 2 miliardi di dollari di greggio Usa importati nei primi otto mesi dell’anno. Un aumento di oltre il 1400% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli Usa si apprestano a battere il record toccato nel 1970, prima del divieto di esportazione, che aveva raggiunto i 9,6 milioni di barili al giorno. La bilancia commerciale di Washington ha già registrato un +6,5% nelle esportazioni.
– Newsletter Transatlantico N. 44-2017
October 21, 2017
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