– di Paolo Balmas –
Uno dei corridoi più importanti della nuova Via della Seta, voluta da Pechino e in via di realizzazione sotto il programma della Belt and Road Initiative (BRI), noto anche come One Belt, One Road (OBOR), attraversa l’intera penisola balcanica, dal porto greco del Pireo fino a Budapest, in Ungheria. L’arteria principale, che unisce questi due luoghi strategici per accogliere il commercio marittimo mediterraneo e portarlo nel cuore d’Europa, passa per la Macedonia e per la Serbia e si dirama nell’intera penisola, per raggiungere le altre capitali della regione. Gli investimenti diretti cinesi nei Balcani si contano già in miliardi di euro e ciò allarma le istituzioni politiche e finanziarie europee, poiché l’espansione cinese rischia di creare un’eccessiva dipendenza dei paesi dal debito contratto con la Cina.
La BRI si avvale di una rete finanziaria costituita da fondi e banche, sia nazionali che multilaterali, che appartengono o sono fortemente influenzati da Pechino. Oltre all’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), fondata con l’apposito intento di sostenere i progetti infrastrutturali nei paesi toccati dall’Iniziativa, al Silk Road Fund o alla New Development Bank (NDB, la Banca dei Brics), la Cina ha creato nuovi fondi per operare in regioni specifiche. Fra questi, ve ne sono due attivi nei Balcani, sorti in seno al dialogo del “16+1”, ovvero il dialogo tra i sedici paesi europei che si estendono dal Baltico alla Grecia e la Cina. Con sede in Lussemburgo, il primo China-CEE Investment Cooperation Fund, ha come maggiori azionisti la Cina (470 milioni di dollari) e l’Ungheria (30 milioni); il secondo, con un capitale di 11 miliardi di dollari, è stato fondato nel novembre 2016 con la Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) come maggiore investitore.
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September 22, 2017
Economia