(free) – di Paolo Balmas –
Alla fine dello scorso ottobre sono stati assegnati i primi blocchi atlantici di petrolio in acque profonde brasiliane. I bacini in questione, definiti sub-salt per il fatto che si trovano sotto a spessi strati di sale sul fondo dell’oceano, sebbene difficili da sfruttare, sono fra i più ambiti del momento. L’anglo-olandese Shell si è aggiudicata la porzione maggiore, grazie alle varie alleanze strategiche con cui si è presentata alle gare. Fra i suoi partner: Total (Francia), Repsol (Spagna), Sinopec e Cnooc (Cina), e Qpi (Qatar). Anche la British Petroleum (Bp) e la Exxon Mobil sono riuscite a mettere la propria bandiera sui bacini di profondità brasiliani. Fra le loro associate vi sono, da un lato, alcune giganti cinesi degli idrocarburi, dall’altro, la Statoil (Norvegia) e la Petrogal (Portogallo).
Le compagnie cinesi che potranno operare nei sub-salt, le già citate Sinopec e Cnooc oltre alla Cnpc, sono fra le più interessate all’emergente mercato delle materie prime brasiliano. Allo stesso modo, il Brasile accoglie favorevolmente la loro presenza. Cina e Brasile, infatti, sono complementari in quanto la prima offre le tecnologie e i capitali indispensabili, mentre il secondo possiede un tesoro sommerso che incontra la crescente domanda cinese di greggio. Questa intesa, che potrebbe essere considerata sullo stesso piano delle altre, assume un significato più profondo se si osserva sotto l’insegna dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), il consorzio internazionale che si sta proponendo sulla scena mondiale come possibile alternativa a ciò che rimane di Bretton Woods per guidare lo sviluppo dei paesi emergenti. Sia il Brasile che la Cina hanno bisogno di stringere i rapporti economici.
Sul fronte interno, la compagnia di bandiera, la Petroleo brasileiro, più nota come Petrobras, ha partecipato ai consorzi, ma senza il diritto di guidarli come prevedeva la vecchia legge sullo sfruttamento dei bacini in acque profonde, che è stata modificata dall’attuale governo. I bacini sub-salt sono stati al centro delle pressioni interne ed esterne che il Brasile ha subito negli ultimi due anni. Sullo sfondo degli scandali che hanno travolto la compagnia e gli ex presidenti Lula e Rousseff vi era proprio la legge, emanata dal primo e fortemente voluta anche dalla seconda, per proteggere i bacini sub-salt dall’assalto delle major straniere. L’operazione voluta dagli ex presidenti, di importare tecnologie e capitali pur mantenendo la maggioranza di tutti i consorzi, sarebbe servita anche a sostenere le politiche di intervento statale che stavano beneficiando alcune fasce di popolazione e che avevano reso i due presidenti tanto amati. Oggi, con Temer, che regge sebbene sia colpito anch’egli da scandali, il mercato degli idrocarburi è stato definitivamente aperto.
L’assegnazione dello scorso mese rappresenta la nascita di una nuova fonte di approvvigionamento. Le statistiche assicurano che il Brasile raddoppierà la propria produzione in meno di dieci anni e supererà ampiamente un output di 5 milioni di barili al giorno entro il 2027. In generale, i margini di guadagno, data la difficoltà e la complessità delle operazioni di profondità, sarà minore di altri bacini. Ma il Brasile si conferma sulla scena come un attore strategico, non solo in relazione ai rapporti con la Cina. Infatti, il Brasile sarà il maggior rivale regionale degli Stati Uniti e del Messico, due paesi che hanno intrapreso una strada ben precisa sul fronte degli idrocarburi, ovvero aumentare la produzione e le esportazioni per competere con i produttori storici di greggio come i paesi del Golfo e la Russia.
– Newsletter Transatlantico N. -2017
15. November 2017 at 11:34 pm
I POTENTI DEL BRASILE DEVONO USARE I RICAVATI DEL PETROLIO, PER ELMINARE LE FAVELLAS.FINALMENTE