(free) – di Andrew Spannaus –
In queste settimane successive al voto britannico per lasciare l’Unione Europea, è comune sentire valutazioni su come gli inglesi si stanno già pentendo della scelta fatta, e perfino che in realtà la Brexit non avverrà mai. Si tratta di una posizione curiosa, che a guardar bene riflette forse meno un’analisi sulle dinamiche politiche all’interno del Regno Unito, e più l’atteggiamento di chi non riesce ad accettare la necessità di rivedere certi aspetti del progetto europeo.
La reazione anti-politica tra gli elettori, che negli ultimi anni è esplosa in molti paesi d’Europa e anche negli Stati Uniti, è frutto di un sentimento diffuso di fallimento delle élite su numerosi fronti, a partire da quello economico. Le misure prese per affrontare la crisi finanziaria del 2008-2009, e poi la crisi dell’euro e delle banche in Europa, sono state a dir poco insufficienti. Si succedono programmi di liquidità per il mondo finanziario mentre la gente normale è costretta a subire l’austerità. Il lavoro è più precario e molti settori sono ancora lontani dal recuperare la situazione pre-crisi.
Se poi inseriamo la crisi degli ultimi anni nel declino della classe media che va avanti da decenni, non deve certamente sorprendere che la popolazione non si fida dei progetti delle istituzioni nazionali e sovranazionali.
E’ ovvio che un quesito referendario o anche un’elezione politica è sempre una prova imperfetta; il dibattito pubblico viene manipolato da entrambe le parti, e quindi è difficile desumere un messaggio univoco. Ma pensare di ignorare la protesta della popolazione, piegando la realtà alla visione politica dell’establishment, è un esercizio potenzialmente pericoloso. Le istituzioni definiscono il progetto europeo come una scelta di pace; per molti cittadini invece si tratta di una burocrazia sovranazionale che crea più problemi di quanto non li risolvi.
Può darsi che il popolo non capisca a fondo la posta in gioco, e che si lasci trascinare dal populismo, ma come nel caso delle elezioni americane, se non si affrontano i problemi di fondo la protesta sarà sempre più forte.
Intanto l’idea che gli elettori del Regno Unito vorrebbero una seconda chance è stata smentita da un sondaggio ComRes condotto per i quotidiani The Sunday Mirror e Independent. Secondo la rilevazione, che ha coinvolto oltre 2 mila adulti tra il 13 e il 15 luglio, il 57% dei britannici non vuole un secondo referendum sulla permanenza nell’Unione Europea, contro il 29% a favore di una nuova consultazione.
– Newsletter Transatlantico N. 51-2016
July 21, 2016
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