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Sono in corso le trattative tra gli Stati Uniti e Israele per un nuovo pacchetto di aiuti militari, che con ogni probabilità rappresenterà l’accordo di assistenza militare più grande mai fornita dagli Usa ad un altro paese. Si parla di un ammontare totale, nello spazio di 10 anni, di oltre 40 miliardi di dollari.
Non tutto fila liscio però. E’ noto che tra Barack Obama e Benjamin Netanyahu non corre buon sangue, a dir poco. L’accordo con l’Iran e la più generale svolta diplomatica del quarantaquattresimo presidente negli ultimi due anni non piacciono affatto a Bibi, che non vede l’ora che arrivi l’8 novembre, data delle elezioni presidenziali negli Usa.
Ed è proprio la fine della permanenza di Obama alla Casa Bianca che introduce degli elementi contrastanti. Il presidente vorrebbe rispondere alle voci che lo dipingono come anti-Israele; il rinnovo degli aiuti militari gli permetterebbe di definirsi come grande difensore di questo importante alleato, nonostante i suoi dissidi con le posizioni politiche di Netanyahu. Obama ha impresso un cambiamento significativo con l’apertura all’Iran e il rifiuto di intervenire militarmente per estromettere Assad, ma non ha avuto problemi a ‘compensare’ con altri tipi di sostegno per Israele e anche per l’Arabia Saudita.
Il fattore che rende tutto più complicato è l’iniziativa pianificata dalla Casa Bianca per questo autunno, in merito ad un piano di pace Israele-Palestina. Come abbiamo scritto poche settimane fa (Notizie – 12 aprile – n. 25-2016), l’Amministrazione Obama sta valutando la possibilità di sostenere apertamente un piano di pace per il Medio Oriente che comprenda il riconoscimento di uno Stato palestinese sulla base dei confini del 1967.
Dunque un nuovo accordo sugli aiuti militari aiuterebbe a prevenire le prevedibili accuse contro il presidente se andasse fino in fondo con questa iniziativa, ovviamente non gradita all’attuale governo di Israele. Anche Netanyahu lo sa, e questo gli pone un dilemma: cercare di ottenere il miglior accordo possibile subito, rischiando di subire la mossa diplomatica di Obama ancora una volta, o affidarsi all’incertezza del futuro, considerando anche l’andamento insolito della campagna elettorale americana.
– Newsletter Transatlantico N. 31-2016
May 9, 2016
Politica, Strategia