– di Andrew Spannaus –
L’abbattimento del caccia russo da parte della Turchia ha fatto alzare le tensioni geopolitiche in questi giorni, portando all’estremo le differenze tra i vari paesi attivi nell’area. E’ evidente che l’azione turca sia stata pianificata in anticipo, in quanto la Turchia si era lamentata più volte nelle ultime settimane del presunto sconfinamento degli aerei russi. Si cercava l’occasione di contrastare in modo concreto le operazioni russe poco gradite nel nord della Siria.
Viene naturale chiedersi se Erdogan si sia mosso da solo, o con la complicità di altri paesi, a partire dagli Stati Uniti. Per quanto attraente sia pensare che in quanto membro della Nato la Turchia non si sarebbe permessa di prendere un’azione così grave senza il permesso del paese leader della coalizione, una valutazione simile ignorerebbe le condizioni attuali all’interno dell’Amministrazione Obama. Infatti seppur esiste ancora una forte spinta interna – e da alcuni alleati importanti nella regione – per contrastare l’intervento russo, negli ultimi mesi la collaborazione Usa-Russia è ripresa con ricadute importanti. I contatti diplomatici avvengono principalmente tra John Kerry e Sergei Lavrov, mentre al livello militare si parla proprio di come evitare incidenti tra le forze in campo, e si tratta sulla condivisione dell’intelligence. Alzare il livello dello scontro in questo momento non sarebbe coerente con le intenzioni della Casa Bianca.
Tuttavia non si può escludere qualche incoraggiamento “deviato” da altri settori dell’Amministrazione o da altre capitali occidentali. E all’indomani dell’accaduto è scontato che tutti i rappresentanti politici dichiarino il loro sostegno per un altro paese Nato, a prescindere da quello che possono pensare (e dire dietro le quinte).
Lo scopo dell’azione turca è piuttosto evidente: si vuole evitare la collaborazione tra la Russia e la Nato in Siria. La Turchia ha puntato tutto sull’estromissione di Assad, collaborando con i gruppi estremisti, ed è molto preoccupata del peso russo nella regione, anche al proprio Nord. Gli anni di lavoro sulla Siria per avanzare i propri interessi rischiano di essere vanificati se si raggiungerà un accordo politico tra le grandi potenze, anche con la partecipazione dell’Iran, poco gradito alla Turchia.
Dunque come ha affermato il General dell’Aviazione Usa in pensione Thomas McInerny – personaggio che certamente non può essere considerato pro-russo – “Probabilmente non dispiacerebbe ad [Erdogan] se scoppiasse un altro conflitto tra la Russia e la Nato, come quello in Ucraina”.
Anche dentro la stessa Russia si capisce il gioco in atto: Maxim Yusin, commentatore del quotidiano russo Kommersant, scrive che “La Turchia farà di tutto per far fallire l’operazione russa in Siria, e per evitare che Mosca possa mettersi d’accordo con l’Europa e con gli Stati Uniti su delle azioni comuni. […] Erdogan spera in una reazione emotiva e spericolata da parte di Mosca: rappresaglie che mobiliterebbero il resto della Nato a sostegno della Turchia e che frustrerebbero i tentativi di riavvicinamento tra la Russia e l’Occidente”.
– Newsletter Transatlantico N. 86-2015
November 27, 2015
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