(free) – di Paolo Balmas –
La scorsa domenica, 30 agosto 2015, circa 120.000 manifestanti si sono uniti per le strade di Tokyo, nei pressi della sede della Dieta, per protestare contro la nuova legge sulla Difesa e la Sicurezza nazionale.
Il 16 luglio, la Camera bassa aveva approvato il testo e lo aveva poi passato alla Camera alta, dove attualmente è sotto esame.
Il governo Abe ha proposto una vera e propria riabilitazione delle forze armate del Sol Levante sul piano internazionale. Con la Costituzione del dopoguerra il Giappone ha facoltà solo di difendere i confini nazionali e non può intervenire oltre il confine delle proprie acque. La prospettiva futura è di intervenire per difendere i propri alleati anche oltremare.
La legge si inserisce in una più ampia trasformazione della posizione del Giappone nel mondo. Infatti, anche il sistema di intelligence esterna (prima dipendente dagli Stati Uniti) sta cambiando e assumendo una maggiore autonomia. Inoltre, i produttori di armamenti potranno aumentare la propria produzione e il trasferimento di componenti per sistemi d’arma (come sta già avvenendo ad esempio con la Turchia, malgrado sia impegnata quest’ultima in una guerra).
Secondo il Governo è divenuto necessario aggiornare le capacità del Paese in visione delle minacce che incombono sui mari limitrofi. Il riferimento è sempre alla proiezione militare cinese e all’atteggiamento aggressivo della Corea del Nord.
Alla manifestazione hanno partecipato anche rappresentanti dell’opposizione, che chiedono le dimissioni di Abe. Tuttavia, il Primo Ministro non risente solo dell’impopolarità di questa legislazione. La sua fortuna sembra vacillare in questi giorni in cui le critiche contro il Quantitative Easing (QE) incalzano a Occidente.
Infatti, mentre a Washington e a Bruxelles si comincia a dire che il QE è inutile, ci si rende conto a Tokyo che la politica monetaria è ancora l’unica freccia (delle tre dell’Abenomics) che il governo Abe ha realmente lanciato.
– Newsletter Transatlantico N. 64-2015
September 2, 2015
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