Sta per scadere il termine per raggiungere un accordo sul programma nucleare dell’Iran, fissato per il 20 luglio nelle trattative tra la Repubblica islamica e il P5 + 1 (i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU + la Germania). Sono stati fatti molti progressi verso un accordo complessivo ma rimangono differenze importanti, soprattutto sulle dimensioni del programma di arricchimento che manterrà l’Iran nei prossimi anni.
A questo punto è probabile che nei prossimi giorni si annuncerà la proroga del termine di alcuni mesi, per dare più tempo alle parti di colmare il divario. Entrambi le parti hanno rilasciato dichiarazioni positive negli ultimi giorni. Oltre a citare i progressi fatti fino a questo punto, il Segretario di Stato Usa John Kerry ha anche parlato in modo favorevole della fatwa proclamata dalla Guida suprema iraniana Ali Khamenei contro le armi nucleari; una mossa insolita di riconoscimento verso il leader dell’Iran che sembra indicare l’intenzione di stabilire un nuovo livello di fiducia pubblica tra le parti.
“Prendiamo molto sul serio la fatwa [di Khamenei] – ha detto Kerry – Una fatwa proclamata da un religioso è una dichiarazione molto forte in merito alle intenzioni. Ora abbiamo bisogno di codificarla”.
A livello tecnico il punto più spinoso è quello del numero di centrifughe che rimarranno attive in Iran. I paesi occidentali non vedono motivo per mantenere l’arricchimento su scala industriale nei prossimi anni in quanto esiste un contratto con la Russia per la fornitura di combustibile fino al 2021, che potrà essere esteso per l’intera vita utile del reattore di Bushehr. Si tenta di trattare sulla base del fabbisogno pratico nel prossimo periodo.
Gli iraniani invece vedono la capacità di arricchimento come una questione di sovranità e vogliono poter decidere loro stessi se continuare a ricevere il combustibile dalla Russia oppure produrlo internamente, con la possibilità anche di aumentare la produzione nei prossimi anni. L’ambasciatore iraniano Javad Zarif sostiene che l’unico modo di assicurarsi che l’Iran non decida di perseguire un’arma nucleare è di permettere un programma attivo sotto il monitoraggio internazionale.
“Perché noi abbiamo la tecnologia. Abbiamo il know-how. Abbiamo le attrezzature… Dunque l’unico modo di affrontare la questione realisticamente è di avere un programma genuinamente pacifico che possa operare in modo trasparente, senza la necessità di imporre restrizioni arbitrarie”.
Tra l’altro è stata proprio la svolta di Obama sulla questione dell’arricchimento – comunicata in un incontro segreto nell’Oman del marzo 2013 – ad aprire la strada all’intesa preliminare.
Un rinvio del termine per l’accordo provocherà sicuramente delle nuove pressioni dentro gli Stati Uniti, dove buona parte del Congresso è pronta a votare nuove sanzioni contro l’Iran – bloccate finora soltanto dalla forte resistenza da parte della Casa Bianca. Forse in anticipazione di questa reazione Kerry ha ventilato la possibilità di varare nuove sanzioni ma legate solo all’eventuale fallimento delle trattative. Può darsi che l’apertura di Kerry sia solo una tattica per guadagnare tempo, visto che a livello ufficiale sia il Dipartimento di Stato sia la Casa Bianca hanno ribadito la loro contrarietà a nuove sanzioni. Tuttavia considerando la convinzione ferma e maggioritaria negli Stati Uniti che le sanzioni – e non i riconoscimenti reciproci e le altre misure di confidence building – abbiano svolto il ruolo fondamentale nel portare l’Iran al tavolo dei negoziati, potrebbe essere difficile tenere a bada gli oppositori dell’accordo ancora per molto tempo.
July 18, 2014
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