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Rohani sfida i fondamentalisti in Iran

June 10, 2014

Notizie, Strategia

AGGIORNAMENTO 10.06.2014 – pochi giorni dopo la pubblicazione di questa notizia sono stati annunciati degli incontri bilaterali tra i rappresentanti degli Stati Uniti e dell’Iran, in corso in questi giorni a Ginevra.

– “Non bisogna interferire così tanto nella vita della gente, anche se lo si fa per pietà… Lasciate che le persone scelgano il proprio percorso per il paradiso. Non si può portare le persone in paradiso con la forza e la frusta. Il profeta [Mohammed] non aveva in mano una frusta”.
Queste frasi sono state pronunciate dal presidente dell’Iran Hassan Rohani il 24 maggio nel corso di una conferenza, dando il via ad una serie prevedibile di critiche da parte di alcuni ayatollah conservatori. Dalla sua elezione un anno fa Rohani sta sfidando vari aspetti della politica iraniana degli ultimi anni, con interventi che per ora non sono stati ostacolati dalla Guida Suprema Khamenei. Da quando Rohani ha preso il posto del presidente precedente Ahmadinejad, ci sono gruppi come i religiosi conservatori e la Guardia Rivoluzionaria che lo criticano fortemente, nella speranza di frenare le aperture verso l’Occidente, per esempio il tentativo di raggiungere un accordo sulla questione nucleare.
Tra le critiche mosse al presidente per i suoi commenti sulla religione troviamo quelle dell’ayatollah conservatore Ahmad Khatami (nessuna parentela con l’ex presidente riformatore Khatami), il quale ha detto che parole come quelle di Rohani “raddrizzeranno il sentiero verso l’inferno” per chi li pronuncia. Ma Rohani si è dimostrato sicuro nella sua capacità di sfidare i fondamentalisti apertamente. Ha perfino scherzato sugli ammonimenti dei religiosi degli anni passati, che erano contrari alla sostituzione dei bagni pubblici con delle docce, e che avevano osteggiato l’introduzione dell’ora legale, ricordando con alcuni paventavano che con cambiamenti di questo tipo “la metà della religione sarebbe stata distrutta”.
Come riportato da Al-Monitor, Rohani ha proseguito dicendo che la sua amministrazione non promuoverà le attività religiose. “Un governo religioso è una cosa molto buona, ma una religione governativa, non lo so, quella dobbiamo discutere”.

Nel frattempo le trattative tra il P5+1 e l’Iran sono arrivate ad un punto difficile. Prima degli ultimi incontri a Vienna il mese scorso, si diceva che le parti avessero raggiunto un’intesa su circa la metà delle questioni da risolvere, ma quando si è arrivati a parlare dei dettagli di un accordo finale i rappresentanti occidentali dicono di essere rimasti sorpresi dalle proposte dell’Iran.
Il disaccordo ruota principalmente intorno all’effettiva capacità nucleare civile che l’Iran manterrà dopo l’accordo. I paesi occidentali si preoccupano che se la Repubblica islamica mantenesse una capacità elevata in alcuni settori sarebbe troppo facile decidere di tentare di sviluppare una bomba a qualche punto in futuro. I punti tecnici sono principalmente il numero di centrifughe, la quantità di uranio arricchito che rimarrà nel paese, e il destino della centrale di Arak.
Per ora i diplomatici occidentali dicono che non intendono spostarsi verso le posizioni iraniane, e sembrano attenti a non dare segni di voler un accordo a tutti i costi, nella speranza che l’Iran smusserà le proprie posizioni. C’è anche la questione delle pressioni politiche interne; se l’Amministrazione Usa cominciasse da subito a fare concessioni, si esporrebbe a forti critiche dalle numerose fazioni che si oppongono ad un’intesa.
Per il momento non sono in programma discussioni bilaterali Iran-Usa per affrontare i nodi più difficili, ma è importante ricordare che dalla fine del 2012, quando ancora non c’erano segnali pubblici di contatti tra le parti, l’Amministrazione Obama aveva già cominciato ad organizzare gli incontri privati in Oman che hanno poi portato all’accordo preliminare.
In un discorso a New York la scorsa settimana, l’ex negoziatore iraniano Seyed Hossein Mousavian ha detto “Non ci sarà alcun accordo finale senza trattative bilaterali tra gli Usa e l’Iran”.

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