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Le ripercussioni del Canale di Kra

December 15, 2014

Strategia

– di Paolo Balmas –

Negli ultimi anni, la realizzazione del Canale di Kra in Tailandia è divenuta una possibilità molto concreta, fino al punto di leggere sul China Daily Mail (online il 16 marzo 2014), i nomi delle imprese cinesi coinvolte nel progetto: LiuGong Machinery Co; Xcmg; Sany Heavy Industry.

Sebbene le tre imprese abbiano smentito di essersi impegnate e di aver cominciato i lavori, la volontà di tagliare l’istmo tailandese e di permettere un grande risparmio in tempo e denaro alla gran parte del traffico marittimo che viaggia fra l’Estremo Oriente e l’Europa, sembra essere ormai una certezza.

Il governo di Pechino vorrebbe vedere compiuta l’opera nell’arco di dieci anni. Il costo è stato calcolato fra i 15 e i 20 miliardi di euro. Il risparmio annuale sui costi totali del petrolio trasportato attualmente attraverso lo Stretto di Malacca, si aggirerà intorno ai 40 miliardi di euro.

Si comprende facilmente che la convenienza non riguarda unicamente la Cina. In fondo, tutti i cargo impegnati nelle lunghe traversate risparmierebbero circa 1000 km di mare. A beneficiare del nuovo stretto saranno il Myanmar che avrebbe un passaggio più diretto verso il Mar cinese meridionale; il Vietnam che avrebbe un veloce accesso all’Oceano Indiano; Hong Kong e la Repubblica popolare cinese; infine la stessa Tailandia. Le rotte che vanno invece dal Golfo persico all’Australia e all’Indonesia rimarranno invariate.
Tuttavia, il progetto si prospetta anche come un pericolo, per la Malesia e soprattutto per Singapore.

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