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L’autodifesa di Abe

May 30, 2014

Notizie, Strategia

(di Paolo Balmas) Lo scorso 15 maggio il primo ministro Shinzo Abe ha ribadito che il Giappone è pronto a rivedere la propria Costituzione in materia di difesa nazionale. L’articolo 9, oltre al ripudio della guerra come mezzo per risolvere dispute internazionali di qualsiasi genere, prevede l’uso della forza solo nel caso di invasione del territorio nazionale. Tale impostazione, dovuta al clima postbellico della Guerra fredda, in particolare alla minaccia sovietica alle porte dell’isola settentrionale di Hokkaido, è ormai obsoleta. Le attuali preoccupazioni sono rivolte alla Cina e alla Corea del Nord, sebbene gli scenari proposti da Abe per argomentare il proprio punto di vista sono stati generici e non presentavano alcuna accusa diretta ai due vicini continentali.
La crescente sfida verbale fra i due giganti asiatici, a cui si assiste ormai da due anni, ha avuto inizio con l’acquisto da parte del governo giapponese (allora, nel 2012, era primo ministro Yoshihiko Noda), di tre isole dell’arcipelago conteso delle Senkaku (in cinese Diaoyu). Pechino dichiarò che il Giappone stava alterando profondamente lo status quo e la risposta fu la creazione dell’Adiz, l’Air defence identification zone, imposta dalla Cina sui cieli delle stesse isole. I due governi si sono rivelati interessati a portare il dibattito a livello internazionale. I primi di maggio 2014, Shinzo Abe, durante l’incontro a Bruxelles con Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato, non ha esitato a sottolineare la necessità di modificare la Costituzione per far comprendere al mondo che per Tokyo è arrivata l’ora di abbandonare il proprio atteggiamento pacifista.
In seguito ai ripetuti lanci di missili a medio raggio da parte di Pyongyang e sotto le pressioni cinesi (alle quali si sono aggiunte anche quelle di Seoul in ricordo dei crimini di guerra da parte dei giapponesi), Tokyo si è sentita in dovere di intraprendere una vasta campagna di riforma dell’assetto strategico. Abe ha dichiarato, in tal senso, che il Giappone deve essere libero di difendere anche i propri alleati in caso subissero un’aggressione. È stato fatto l’esempio di una nave statunitense che subisce un attacco mentre porta in salvo cittadini giapponesi evacuati da uno scenario di guerra. Di fronte a una situazione come questa (ne sono state prefigurate molte altre), le Forze di autodifesa dovranno essere libere di entrare in azione.
Il Ministero della Difesa ha preventivato un notevole aumento delle spese in materia di armamenti. I sistemi che Tokyo vuole acquistare lasciano intravedere quale sia in grandi linee il nuovo assetto strategico. Sostanzialmente stiamo assistendo a una riduzione delle forze di terra dislocate nel Nord e a un aumento considerevole dell’impegno a Sud, in particolare nel Nansei (arcipelago di Okinawa), all’estremità meridionale del quale si estendono le isole Senkaku. È qui che si sta sviluppando una nuova rete di radar e di difesa missilistica supportata da droni da ricognizione d’alta quota (fra le spese ne compaiono tre). Allo stesso tempo si sta procedendo alla creazione di un reggimento di “marines”, predisposto alla reazione rapida in caso di occupazione militare dei territori insulari da parte di eserciti nemici, il quale sarà fornito di nuovi mezzi d’assalto anfibio e di aerei a rotori basculanti. In generale, si sta lavorando intensamente per lo sviluppo dei sistemi d’intelligence, per la sorveglianza e la ricognizione, in tutto il Paese.
Ma la riforma della Costituzione vedrebbe la modifica di un ulteriore principio che riguarda la vendita di armamenti. Il ministro della Difesa, Itsunori Onodera, ha dichiarato recentemente che il mondo si sta muovendo verso lo sviluppo congiunto di nuovi sistemi d’arma e non partecipare a tali attività potrebbe comportare seri rischi per la sicurezza nazionale. Sono state giustificate così la produzione e la vendita di componenti per il caccia F-35 della statunitense Lockheed Martin.
Tale cambiamento nella politica dell’export permetterà al Giappone di intraprendere l’attività di sviluppo di nuovi sistemi in collaborazione con Australia, Francia e Regno Unito, con le quali sono stati già firmati rilevanti intese. Particolarmente interessati alla produzione giapponese sono il Vietnam e le Filippine, entrambi coinvolti in dispute con la Cina.

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