Intervista pubblicata sul sito RD News da Giacomo Pratali.
Crisi Ucraina, Spannaus: “Dialogo con la Russia possibile se la Nato cambia atteggiamento”
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Roma 29 marzo 2014 – Dopo la firma del presidente Putin e la ratifica della Duma del referendum sull’annessione della Crimea alla Russia, i rapporti con l’Occidente si sono fatti più tesi. Da una parte gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno reagito applicando delle sanzioni nei confronti di Mosca (fatta fuori anche dal G8 che si sarebbe dovuto tenere a Sochi), dall’altra l’ex Unione Sovietica ha spostato le proprie truppe al confine con l’Ucraina e la Moldavia. A tal proposito abbiamo intervistato Andrew Spannaus, giornalista ed esperto di Politica Economica e Strategica, che scrive su www.transatlantico.org
Sono davvero efficaci le sanzioni applicate da parte di Usa e Ue nei confronti della Russia?
“Le sanzioni avranno sicuramente delle conseguenze. Se, però, lo scopo è quello di costringere i russi a cambiare direzione e andare via dalla Crimea non avranno nessun effetto. Le sanzioni sono una misura al di sotto dello scontro diretto, ma, d’altro canto, hanno degli effetti reali e possono soprattutto avere conseguenze importanti per quanto riguarda la collaborazione internazionale su altri temi importanti, come la lotta alla droga o i programmi di cooperazione in campo economico”.
Sarebbe auspicabile un cambiamento di mentalità da parte della Nato (e dell’Occidente) nella risoluzione della crisi in Crimea rispetto a quanto fatto in altri conflitti?
“Sicuramente. Innanzitutto bisogna evitare di raccontare la storia solo da una parte. È dalla fine dell’Unione Sovietica che è partito il progetto di espansione della Nato ed era chiaro già all’epoca che il tentativo di portare questa organizzazione ai confini con la Russia sarebbe stato disastroso. Purtroppo oggi, quando parliamo delle mosse della Russia in Ucraina, tendiamo a non mettere in conto il contesto più generale. Se vogliamo creare una situazione di collaborazione fruttuosa con la Russia sulle questioni internazionali bisogna cambiare atteggiamento: deve diventare chiaro che non stiamo cercando di accerchiare Mosca per indebolirla”.
La mobilitazione di truppe russe sul confine orientale dell’Ucraina è un bluff o implica una reale minaccia per una possibile guerra futura?
“In questo momento è difficile fare delle previsioni. Sicuramente si tratta di un modo di mostrare i propri muscoli. Sono già diversi anni che, in risposta alle strategie occidentali, la Russia aumenta le truppe ai confini o sposta l’orientamento dei propri missili. Se poi tutto questo si tradurrà nell’invasione di una parte dell’Ucraina è ancora da vedere. C’è da dire, comunque, che attualmente la situazione non è risolta perché lo scenario interno a Kiev è in piena ebollizione visto che nel nuovo governo ucraino sono presenti alcuni elementi estremisti e provocatori che sono fortemente contrari all’influenza russa”.
La firma dell’Accordo di Associazione all’Unione Europea da parte di Kiev può intimidire Mosca?
“Il discorso in questo caso è simile a quello fatto per la Nato. Se l’ingresso nell’Unione Europea viene visto come un’espansione occidentale verso la Russia, questo può rappresentare un elemento di tensione. Se, invece, si tratta di misure di cooperazione economica bisognerebbe capire di cosa ha realmente bisogno l’Ucraina in termini di economia reale per uscire dalla sua crisi. Certamente non aiuterebbe per nulla esigere delle politiche di austerità come quelle attualmente in vigore in Europa”.
Seppure in maniera timida, l’Europa si è opposta al referendum in Crimea. Questa opposizione non potrebbe essere motivata dalla paura di possibili secessioni interne al Vecchio Continente (vedi i casi della Scozia, della Catalogna e del Veneto)?
“Ci può essere certamente questa paura, anche se la mossa della Russia in Crimea va contestualizzata. Bisogna considerare che la Crimea faceva parte della Russia fino al 1954. Anche dopo lo scioglimento della Jugoslavia ci fu uno scenario simile, in cui si vennero a creare varie pretese indipendentisti, sostenute anche dall’esterno. Ci sono dispute per quanto riguarda molti territori nel mondo. Quindi, esiste la paura che legittimando questo referendum se ne avvallino altri analoghi, anche se ogni caso ha le sue peculiarità”.
April 1, 2014
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