(di Paolo Balmas) Il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, con il discorso del 6 maggio 2014, tenuto a Bruxelles durante il summit della Nato, ha ribadito chiaramente quale sia la politica del suo governo in materia di sicurezza internazionale. Il Giappone si dichiara pronto a partecipare a iniziative militari congiunte in quegli scenari dove si presentano minacce ai propri alleati.
Sebbene il Sol Levante avverta come principale preoccupazione la politica di espansione marittima della Cina, evidentemente, non vuole limitare l’azione alla propria regione. Inoltre, il superamento di quello che spesso è stato definito un pacifismo forzato non si limita alla formulazione di dichiarazioni da parte di Abe davanti ai colleghi europei e nordamericani. Infatti, l’interesse a mantenere un legame chiaro e saldo con la Nato, oltre a essere dettato dal bisogno di prendere posizione in relazione alla crisi ucraina, è dovuto a questioni più delicate che il Primo Ministro giapponese sta affrontando.
Sullo sfondo si gioca la partita per fare in modo che il Giappone apra il mercato delle esportazioni di armamenti che è ancora limitato da quei “tre principi†definiti nel periodo postbellico (veto di vendita verso paesi comunisti, paesi che subiscono un embargo definito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu e paesi coinvolti o sul punto di essere coinvolti in conflitti armati). In realtà , il terzo principio è stato più volte violato con la vendita di componentistica agli Stati Uniti. Ma questa volta si avverte tutta l’aria di un nuovo inizio. Abe ha trovato la giusta intesa che gli permetterà di abbattere il tabù delle esportazioni con il primo ministro della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Nel corso del 2013, i due Premier hanno firmato un patto di collaborazione strategica in materia di energia nucleare e sviluppo tecnologico.
La Mitsubishi Heavy Industries (Mhi) sta producendo il motore di un carro armato da combattimento che la Difesa di Ankara è intenzionata ad acquistare. Sebbene non esistano conferme ufficiali, la partner turca sarebbe la Tusas Engine Industries (fonte: Ihs Jane’s). Ciò segnerà un importante precedente per la potenziale collaborazione con altri membri della Nato. In fondo, un dialogo in tal senso è già aperto con la Francia.
Sembra piuttosto scontato che l’accordo vada a buon fine perché la stessa Mhi è coinvolta in Turchia nella costruzione della seconda centrale nucleare del Paese, nel sito di Sinop. Si tratta di un impianto di quattro reattori, per una potenza complessiva di 4800 MWe, che costerà 16 miliardi di Euro e sarà completato nel 2028. Nel progetto la Mhi è legata alla francese Areva con la quale è già istituita la joint venture Atmea. Il prodotto della collaborazione è il reattore Atmea1 di Generazione III+, noto per l’affidabilità e l’alto livello di sicurezza che offre.
L’intesa con la Turchia rappresenta, così, anche il primo passo per la ripresa del settore nucleare, bloccato sin dal 2011, in seguito ai fatti di Fukushima, e ulteriormente colpito da una recente sentenza del 22 maggio 2014 della Corte di Giustizia di Osaka, che ha bloccato la riaccensione di due reattori nella Prefettura di Fukui.
13. June 2014 at 10:10 am
Come sempre articolo molto interessante e ben scritto !