La volontà diffusa nelle istituzioni occidentali di isolare l’economia russa e così privare Vladimir Putin della possibilità di continuare la guerra in Ucraina ha portato nell’ultimo anno e mezzo a valutazioni basate più sui desideri che su un’analisi puntuale dei fatti. Questo si può notare in settori tanto diversi, che vanno dal numero dei morti nel conflitto fino allo stato dell’economia russa; le versioni iniziali molto ottimistiche – dal punto di vista occidentale – sono state più volte smentite, dimostrando la necessità di un approccio più prudente e meno propagandistico, se si vuole comprendere la verità sull’andamento della guerra e sulle sue conseguenze per la Russia, e chiaramente anche per noi.
Portiamo tre esempi, due riguardanti il settore militare ed uno l’ambito economico.
Nella prima parte di quest’anno si è diffusa una statistica sorprendente: la Russia avrebbe subito circa 200 mila morti nel conflitto fino a questo punto. Questo dato è diventato quasi un articolo di fede, citato nelle dichiarazioni politiche e anche negli articoli di approfondimento strategico. Tuttavia, per chi seguiva attentamente le notizie dettagliate sul conflitto – da entrambe le parti – sembrava un numero decisamente esagerato, e ci sono voluti pochi mesi per dimostrarlo.
Ora, come riportato poche settimane fa dal programma “Nessun luogo è lontano” di Radio24 in Italia, ci sono studi – basati su rilevazioni degli annunci di morte, attività dei cimiteri, e elementi simili – che indicano che i morti russi dall’inizio del conflitto sarebbero stati circa 47 mila, a cui andrebbero aggiunti altri 22 mila circa del gruppo paramilitare Wagner (per la sua stessa ammissione). Quindi un totale di circa 70 mila; un numero sempre drammatico, ma quasi un terzo di quello indicato per mesi da alcuni “ottimisti” delle nostre parti.
Un secondo esempio riguarda i missili. Per mesi, tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, si è sostenuto che la Russia stava per esaurire i missili. A causa dell’elevato numero impiegato fino a quel punto e della mancanza di microchip dovuta alle sanzioni imposte al Paese, si riteneva che la Russia sarebbe stata costretta a cessare il lancio dei missili, limitando di fatto la sua capacità di fare la guerra. Tuttavia, non è stato così: la Russia continua a sparare missili e, soprattutto, continua a produrli. Anzi, la produzione bellica russa sembra procedere a gonfie vele, dando a Mosca un vantaggio significativo contro Kiev, che dipende in gran parte da armamenti donati dai paesi nemici in Occidente, ma che dispongono di numeri limitati di materiale bellico da concedere.
Poi c’è la questione più ampia dell’economia russa. Le sanzioni e la guerra economica attuate contro il Paese hanno fatto sperare che Putin non avrebbe potuto continuare la guerra a lungo a causa del crollo della propria economia. Tuttavia, il Pil russo è diminuito solo del 2,2 per cento nel 2022, ben meno delle previsioni, e si prevede ora una crescita nel 2023. Ci sono diversi fattori in gioco. Il blocco della tecnologia rappresenta certamente un freno per l’economia, ma i russi sono riusciti a trovare dei sostituti o a aggirare i controlli, facendo affari con altri paesi che non applicano le sanzioni. Inoltre, la domanda per le materie prime russe rimane alta, e Mosca è riuscita a spostare una buona parte del commercio verso paesi più amichevoli, nonostante la riduzione dell’interscambio con l’Occidente.
Va registrato anche l’effetto del forte stimolo interno. Con una moneta propria e una attenta gestione da parte della Banca Centrale, il governo è riuscito ad iniettare risorse significative nell’economia, non solo per la produzione bellica, ma anche per garantire il tenore di vita della popolazione attraverso iniziative di welfare. Questo ha comportato un deficit, ma lontano dai livelli che conosciamo noi in Occidente. In ogni caso, va ricordato che il deficit che conta per la Russia non è quello finanziario, ma fisico, cioè quanto l’economia riesce a produrre e fornire per i suoi cittadini. Se il commercio nei settori dell’energia, del cibo e di altre commodities regge, il paese non crollerà.
Infine, una considerazione sulla visione generale che si ha dell’economia russa in Occidente. Sentiamo da tempo che si tratta di un paese secondario, con un Pil più basso dell’Italia, per esempio. Qui occorre riflettere sul nostro modo di misurare l’economia. In termini finanziari è senz’altro così, perché i prezzi sono ben più alti dalle nostre parti. Ma se si ragiona in termini di Purchasing Power Parity – parità di potere d’acquisto – che considera un tasso di cambio calcolato in base a quello che si paga per gli stessi beni, allora la Russia diventa l’economia più grande in Europa, maggiore persino della Germania.
Si tratta di un punto di vista diverso, non un giudizio assoluto, poiché sul mercato mondiale servono i soldi, e i tassi di cambio ufficiali non sono uguali al tasso di PPP. Tuttavia, è un altro elemento che ci fa capire che le caratteristiche fisiche-produttive di un’economia sono spesso più importanti di quelle puramente finanziarie, sottolineando uno dei grandi errori dell’Occidente negli ultimi decenni: dare alla finanza il primato rispetto all’economia reale. È indubbio che le sanzioni stanno avendo un effetto sulla Russia e che continueranno ad averlo per anni; ma Mosca si sta muovendo in modo relativamente efficace per adattarsi a questa nuova realtà, e finché troverà partner commerciali disposti a comprare le sue materie prime e anche a venderle i prodotti di cui ha bisogno, la Russia rimarrà in piedi. In questo campo, come in quello militare, fare previsioni sulla possibilità degli Ucraini di vincere la guerra basandosi sui desideri, piuttosto che sui fatti, presenta dei forti rischi di errori di valutazione, con conseguenze pesanti in termini di vite umane e rischi di allargamento del conflitto.
August 5, 2023
Notizie, Strategia