C’è un nuovo candidato outsider per la Casa Bianca: Robert F. Kennedy Jr., figlio di RFK e nipote di JFK, un altro nome della lunga lista dei Kennedy che hanno svolto ruoli importanti nella politica americana per oltre 60 anni. Sebbene il famoso cognome sia senza dubbio un vantaggio per RFK Jr., avvocato ambientalista e ora candidato per la nomina democratica nel 2024, è il legame con le idee dell’ex presidente John Fitzgerald Kennedy che sta al centro della sua campagna in queste settimane. Il 20 giugno, nel New Hampshire, il candidato ha tenuto un lungo discorso in ricordo del celebre “Peace Speech” di JFK all’American University il 10 giugno 1963. Il messaggio centrale è stato che l’attuale establishment deve cambiare direzione, smettendo di considerare l’America come uno stato militarizzato che si impegna in pericolose provocazioni a livello internazionale, e invece deve promuovere un nuovo movimento verso la pace e la diplomazia, prima che sia troppo tardi.
Si tratta di un messaggio potente in cui richiama un insegnamento fondamentale di JFK: i nostri problemi sono stati creati dagli esseri umani e, di conseguenza, possono essere risolti dagli esseri umani. RFK Jr. sottolinea la necessità di vedere i nostri avversari come esseri umani degni di rispetto, proprio come accadeva anche durante la Guerra fredda, ma che sembra essere negato oggi, creando un clima di conflitto inevitabile.
Chi legge la stampa mainstream, tuttavia, avrà solo conoscenza del fatto che RFK Jr. è definito come un “Kennedy complottista e no vax” (come titolato di recente dal sito The Post in Italia). È vero che da molti anni ha assunto posizioni molto discutibili su temi come le vaccinazioni, gli effetti del Wi-Fi e persino sull’immigrazione (sostenendo la volontà di “chiudere definitivamente” il confine meridionale del Paese). Ma la stampa americana e coloro che la seguono da lontano farebbero bene a ricordare una delle lezioni centrali della campagna elettorale del 2016: se i media si concentrano solo su alcuni aspetti negativi di un candidato, ignorando il fatto che il candidato stesso parla principalmente di temi che interessano a molti elettori che non si fidano più delle istituzioni politiche, si rischia di non comprendere l’entità di un movimento culturale che potrebbe mettere seriamente in difficoltà l’establishment.
Ciò non significa che RFK Jr. sia il prossimo Trump, anche se alcuni commentatori stabiliscono un confronto tra i due, considerando il sostegno che RFK trova anche nel mondo conservatore. Tuttavia, è significativo che senza alcun sostegno all’interno delle strutture ufficiali del partito, Kennedy abbia raggiunto quasi il 20% di preferenze nei sondaggi rispetto a Biden. Ha ancora molta strada da percorrere prima di rappresentare una vera minaccia, ma non si può escludere che l’energia che si sta creando attorno alla sua campagna lo porti a crescere quando si avvicinerà il momento di votare nelle primarie, costringendo l’attuale presidente a confrontarsi con lui apertamente. Questo è qualcosa che Biden preferirebbe decisamente evitare, sia per la scomodità di determinati argomenti, sia per non alienarsi gli attivisti della base.
Un buon esempio di come il tentativo di etichettare Kennedy come un pazzo potrebbe rivelarsi controproducente è evidenziato in un recente commento pubblicato sul Los Angeles Times. Dopo aver elencato le varie teorie del complotto riguardanti questioni di salute e medicina, si conclude affermando che JFK Jr. “crede che suo padre, Robert F. Kennedy, e suo zio, il Presidente John F. Kennedy, furono assassinati dalla CIA”.
Su questo punto è importante ricordare che una larga maggioranza degli americani – con percentuali che oscillano tra il 60 e l’80% negli ultimi decenni – crede che ci sia stata una cospirazione per assassinare JFK e che la versione ufficiale di un assassino solitario sia solo un tentativo di nascondere la verità. E quando si analizzano le motivazioni dietro al presunto complotto, si arriva rapidamente allo scontro tra Kennedy e il complesso militare-industriale, in cui la stessa CIA ha svolto un ruolo di primo piano.
La storia dell’intenzione di JFK di ritirarsi dal Vietnam – trattata qui in un articolo popolare sul sito Transatlantico.info – e il fatto che questa decisione sia stata ribaltata pochi giorni dopo la sua morte, viene citata da RFK Jr. per sottolineare la necessità di porre fine alle “guerre infinite”, quelle guerre che non sembrano mai finire, e quindi promuovere una nuova visione dell’America sia a livello interno che esterno. L’obiettivo del candidato è quello di attrarre persone provenienti da diversi settori della popolazione americana nella sua campagna per cambiare la direzione del paese. Mette insieme idee decisamente problematiche con un messaggio serio che che tocca la sensibilità di molti americani che hanno perso fiducia nell’establishment. Superare l’opposizione delle istituzioni non sarà facile, e rimane da vedere se RFK Jr. sarà in grado di trasformare questo messaggio generale in discorsi concreti e convincenti che costringano i media e gli altri candidati a confrontarsi con le sue proposte. Tuttavia, è innegabile che questa candidatura possa toccare una corda profonda in molti americani, sia per il suo richiamo storico a JFK, sia per il diffuso scetticismo verso le politiche attuali in materia di guerra ed economia (dove critica il “free trade” e promette di smantellare le grandi banche e i monopoli).
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June 25, 2023
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