Il democratico Raphael Warnock ha prevalso nel ballottaggio del 6 dicembre per l’ultimo seggio del Senato Usa ancora in bilico dopo le elezioni di mid-term dello scorso 8 novembre. Così, contro le aspettative, il partito del presidente Joe Biden è riuscito addirittura ad aumentare la sua maggioranza nella Camera alta, passando da un 50-50 in cui la Vicepresidente Kamala Harris poteva esprimere il voto decisivo in caso di parità, ad una maggioranza effettiva di 51* senatori che permetterà ai democratici di avere il controllo pieno delle commissioni parlamentari e di avere un voto di scarto nelle votazioni più difficili.
Dall’altra parte del Campidoglio, però, i repubblicani avranno la maggioranza a partire dal prossimo 3 gennaio, quando inizieranno il nuovo mandato gli eletti di un mese fa. La maggioranza sarà di appena 8 seggi alla Camera (su un totale di 435), ma sarà sufficiente a bloccare ogni iniziativa legislativa di Biden e a varare dei provvedimenti simbolici per il partito d’opposizione, nonché lanciare delle inchieste su vari componenti dell’amministrazione Biden, compreso il figlio dello stesso presidente, accusato di operazioni di business discutibili in vari paesi, dall’Ucraina alla Cina.
Mentre i successi legislativi saranno pochi per entrambi i partiti, in quanto dipenderanno dalla necessità di trovare punti d’accordo tra maggioranza e opposizione, l’effetto più importante per i democratici sarà di poter gestire con maggiore rapidità le procedure per la nomina dei giudici federali. Infatti ci sono oltre 100 incarichi di giudice distrettuale e d’appello da assegnare per l’amministrazione Biden, dopo averne confermati 84 negli ultimi due anni – in linea con il passo seguito dal suo predecessore. Avere una maggioranza assoluta in Commissione giudiziaria, piuttosto che la parità, permetterà di accelerare i tempi.
Nominare i giudici è uno strumento fondamentale per influenzare la politica a lungo termine negli Stati Uniti. Si tratta di nomine a vita a cariche che spesso hanno un peso significativo nel decidere temi importanti, soprattutto quando il Congresso fa fatica ad operare in modo efficace a causa della persistente polarizzazione. Per capire la portata di queste nomine basta vedere il grande ruolo della Corte Suprema in questo momento, con una maggioranza di giudici conservatori grazie alla strategia spietata dei repubblicani negli ultimi anni in questo campo: il controllo del Senato aveva permesso di bloccare le iniziative di Obama e di dare a Trump la possibilità di nominare tre giudici su nove dell’Alta Corte.
* Il 9 dicembre la Senatrice Kyrsten Sinema dell’Arizona ha annunciato la sua decisione di modificare la sua affiliazione partitica da democratica ad indipendente. Dunque tecnicamente i democratici hanno perso un seggio, anche se in realtà ci sono già due senatori indipendenti – Bernie Sanders del Vermont e Angus King del Maine – ma che sostengono la maggioranza democratica.
Il caso di Sinema è un po’ diverso: si è spesso smarcata dal proprio partito, bloccando la possibilità di approvare pacchetti legislativi e riforme ambiziose. Con questo approccio, insieme a Joe Manchin del West Virginia, da una parte è stata il bersaglio di molte critiche da sinistra, e dall’altra è riuscita ad influenzare le leggi proposte da Biden con le sue obiezioni.
Spesso i distinguo di Sinema hanno riguardato temi cari ai suoi sostenitori e finanziatori tra le grandi imprese. Così si è guadagnata l’etichetta di “corporate democrat”, cioè una centrista molto attenta al mondo del business e quindi poco disponibile a votare provvedimenti più “di sinistra”.
La mossa di Sinema è dovuta proprio alla sua impopolarità nel partito democratico, dove i sondaggi mostrano che farebbe molto fatica ad essere rieletta già dalle primarie del 2024 quando dovrà difendere il suo seggio. Dunque la senatrice mira a costruirsi un’identità da indipendente in grado di pescare da entrambi gli schieramenti. In qualche altro stato funziona – per esempio l’Alaska – ma si tratta di senatori di lunga data e molto popolari presso i loro elettori; non è il caso di Sinema, almeno per ora, ma evidentemente è l’unica strada che sembra percorribile per lei. Intanto i democratici avranno sempre la maggioranza, in quanto i repubblicani si fermano a 49 seggi. Quindi il vantaggio nelle commissioni rimarrà. Tuttavia il margine per i democratici sarà sottilissimo, rafforzando un sistema in cui un solo senatore è in grado di decidere la vita o la morte di grandi iniziative legislative.
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December 14, 2022
Notizie, Politica