Con la nuova postura strategica adottata da Xi Jinping, l’approccio delle istituzioni americane alla sfida rappresentata dalla Cina sta cambiando. Oltre alla virata politica avvenuta durante il mandato di Trump, con Pechino visto come un competitore da contenere – seppur senza rompere i rapporti economici che portano benefici importanti alle società americane – continua la trasformazione nel mondo dell’intelligence: l’impianto seguito durante gli anni della Guerra al Terrorismo ora lascia il passo a nuove strutture funzionali per la “competizione tra grandi potenze”, il termine scelto per definire il processo di confronto ma anche di collaborazione selettiva con la Cina e la Russia.
Il neodirettore della Cia William Burns ha rilasciato una dichiarazione pubblica insolita lo scorso ottobre. Nel commentare la creazione di una nuova struttura all’interno dell’agenzia, la “CIA China Mission Center”, Burns ha dichiarato che la Cia sarà “in prima linea” nell’affrontare “la nostra prova geopolitica più difficile nella nuova epoca di rivalità tra le grandi potenze”. In parole povere, come confermato da un rapporto della società di consulenza PTB Global Advisors, sarà l’intelligence, non i militari, a guidare la politica di sicurezza statunitense verso la Cina, nel contesto di una “guerra morbida” che è già cominciata.
La notizia della creazione del nuovo Centro all’interno della Cia è stata ripresa da pochi in Italia, ma è significativa. Se da una parte risponde alla necessità di sburocratizzare e snellire le operazioni all’interno dell’agenzia, a livello più generale riflette un ulteriore passo nella riorganizzazione delle strutture dell’intelligence degli ultimi anni intorno a due punti fondamentali: lo spostamento delle attenzioni dal Medio Oriente all’Asia, e il riconoscimento del ruolo fondamentale delle tecnologie e della modalità digitale.
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December 23, 2021
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