– di Andrew Spannaus –
Ora l’Italia prende il virus sul serio. All’inizio molti l’hanno affrontato con leggerezza: quanto tempo si è perso perché qualcuno ha detto “è solo l’influenza”? Quanti ci hanno detto che la psicosi è peggiore della malattia? Anche nel mondo politico la superficialità è stata notevole, come dimostra il caso del segretario del Pd Zingaretti. Non è una questione di dare la colpa a qualcuno, ma di capire quali effetti ha l’ideologia sulla capacità di una società di affrontare le sfide del mondo reale.
E’ da questo punto di vista che dobbiamo ragionare sullo stato della nostra società globalizzata e sull’efficacia delle sue istituzioni. L’interconnessione dell’economia mondiale chiaramente favorisce la diffusione della malattia, ma questa non è una novità assoluta: anche la “spagnola” del 1918 fu una pandemia, uccidendo decine di milioni di persone in numerosi paesi. Ma l’estensione delle catene di valore pone la questione della sicurezza economica, cioè se è necessario mantenere la produzione in certi settori essenziali, piuttosto che affidarsi ad un sistema che cerca di minimizzare i costi attraverso la frammentazione dei processi produttivi. E’ emblematico che i paesi occidentali si sono trovati senza le mascherine, dovendo aspettare nuove forniture dalla Cina, proprio il paese che fino a questo momento ha avuto più bisogno degli altri.
L’altro aspetto è l’atteggiamento dei paesi più vicini, quelli che dovrebbero mostrare solidarietà nel contesto della costruzione dell’Unione europea. La Francia, la Germania e la Repubblica Ceca hanno bloccato l’esportazione dei dispositivi sanitari, temendo di non averne abbastanza in caso di peggioramento della situazione in casa. Sarà anche una preoccupazione legittima, ma dimostra ancora una volta che in un momento di crisi i veri attori sono gli stati nazionali; a poco sono valsi gli appelli delle istituzioni europee sulla libera circolazione dei beni. E’ un fenomeno già visto in altri campi, come quello della libera circolazione delle persone.
E poi c’è Christine Lagarde. Con la sua affermazione che non è compito della Bce ridurre gli spread è perfino riuscita a fare pronunciare parole critiche da parte del Presidente della Repubblica Mattarella. Si corre già ai ripari, ma non sarà facile eliminare il danno, che sottolinea l’analisi degli euroscettici più acuti negli ultimi anni: l’Europa non funziona, non a causa di un pregiudizio ideologico dei suoi oppositori, o perché osteggiata da attori esterni; fallisce perché le sue regole, la concezione economica su cui è basata, non è in grado di affrontare le esigenze reali dei suoi Stati Membri. Dalla catastrofe dell’austerità, al rifiuto di rivedere il dogma dell’indipendenza delle banche centrali di fronte ad una crisi come questa.
Le istituzioni politiche di oggi risultano impreparate per la situazione attuale, in parte perché si pensava di aver raggiunto un livello di progresso tale da essere immuni dal tipo di crisi che hanno colpito l’umanità nei secoli passati. Evidentemente non è così; le popolazioni dovranno ripensare cosa significa essere preparati ad affrontare i grandi problemi, e su quali strutture politiche possono fare affidamento.
– Newsletter Transatlantico N. 8-2020
March 13, 2020
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