– di Andrew Spannaus –
La transizione presidenziale è iniziata, con la decisione della General Services Agency del governo statunitense di avviare i contatti e sbloccare i fondi che permetteranno alla squadra di Joe Biden di prepararsi all’insediamento del 20 gennaio 2021. Non si tratta di un riconoscimento formale della vittoria, che avverrà solo con il voto dei grandi elettori il 14 dicembre. Quasi tutti i ricorsi giudiziari tentati dagli avvocati di Donald Trump sono stati respinti per mancanza di prove, e le speranze di scovare qualche sorpresa durante le ultime settimane di riconteggi e certificazioni ufficiali dei risultati di alcuni stati chiave sono davvero minime. A questo punto infatti il rifiuto di Trump di ammettere la vittoria di Biden ha una valenza più che altro di natura politica, in quanto il presidente uscente intende rimanere al centro della scena pubblica per quanto possibile, con anche la minaccia di ricandidarsi per il 2024.
Le istituzioni permanenti di Washington sono molto contente dell’esito finale delle elezioni: con la vittoria di Biden torna l’establishment in grande stile, anche perché la divisione del potere al Congresso, con i repubblicani che probabilmente manterranno la maggioranza – seppur piccolissima – al Senato, significa che il peso del centro aumenterà fortemente, togliendo spazio all’ala progressista del partito democratico, e ai populisti nel mondo repubblicano. Con l’emarginazione dei cosiddetti estremisti, dovrebbe essere più facile riprendere le linee d’azione del mondo pre-Trump, coerente con l’ordine liberale internazionale.
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November 30, 2020
Notizie, Politica