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Skyline of Shanghai Pudong at sunset

La Cina affronta il default delle sue imprese di stato

November 29, 2020

Economia

(free) – di Paolo Balmas –

I recenti default di imprese statali in Cina hanno provocato preoccupazioni fra gli osservatori. I fatti coinvolgono imprese nei settori dell’automobile e del carbone. Non si tratta di certo della prima volta che imprese cinesi non riescono a ripagare il proprio debito. Negli ultimi decenni si sono registrati più di duecento default, ma hanno riguardato quasi unicamente imprese private. Le imprese di stato hanno sempre goduto di appoggio da parte delle autorità competenti e delle grandi banche, anch’esse di stato. Con questi nuovi default sembra che qualcosa stia cambiando in Cina.

La critica che è sempre stata rivolta alla Cina è che non ha ancora raggiunto una condizione di economia di mercato. Fra le cause principali di questo giudizio da parte delle economie occidentali vi sono il rapporto privilegiato fra banche e imprese di stato e la garanzia dello stato a salvaguardare la forza lavoro coinvolta in queste imprese. Vi sono anche altre importanti ragioni, come ad esempio la non totale indipendenza della banca centrale cinese, che però non affrontiamo in questa breve analisi. Il sostegno, in passato quasi incondizionato, delle banche commerciali di stato alle imprese di stato ha portato la Cina a uno dei grandi problemi che sta affrontando in questi anni, cioè la sovrapproduzione.

L’attuale fase di riforma e apertura della Cina prevede la trasformazione della politica industriale. Dal sostegno incondizionato alla produzione e all’esportazione si passa a un potenziamento di settori specifici, al miglioramento degli standard, all’aumento dei salari, allo sviluppo del mercato dei consumi. Il cambiamento è in atto ormai da anni e i problemi che la Cina ha con l’Occidente dipendono in parte da questo. L’Occidente è diviso. Una parte dei produttori occidentali che si sono integrati nel tessuto socio-economico cinese hanno reagito con un ulteriore ciclo di investimenti. Quelli che hanno sfruttato la Cina negli ultimi trenta anni solo come base di produzione, sono meno contenti e sondano la possibilità di spostare i loro impianti in paesi dove la manodopera è ancora economica e meno regolata. La Cina si sta trasformando da fabbrica del mondo al più grande mercato dei consumi del pianeta.

In questo ordine di cose, alcune imprese di stato non sono riuscite a pagare i propri debiti. Tuttavia, se si guarda bene ai problemi della sovrapproduzione in Cina, si nota che queste imprese sono parte dei problemi più pronunciati dell’economia cinese. Specialmente per quanto riguarda il carbone. Questo settore è in piena trasformazione da qualche anno, non solo per la questione della produzione ma anche per la transizione del consumo energetico a fonti più pulite e sostenibili. Il problema è che milioni di operai lavorano in questo settore e alcune provincie cinesi dipendono troppo da queste produzioni. La Cina deve affrontare il problema e i default a cui stiamo assistendo permetteranno alcuni spazi di manovra in tal senso.

La percezione generale è che le critiche mosse alla Cina in questi ultimi anni riguardo a un sistema economico insostenibile sembrano prendere forma. Lo spettro del default cinese influenza la reputazione dei prodotti finanziari sui mercati. Tuttavia, l’apertura e il successo dei mercati del debito sovrano cinese nelle ultime settimane non sembrano essere in linea con questi timori. Se la Cina riuscirà a manovrare la trasformazione di alcuni settori industriali limitando i danni e a sostenere l’apertura dei mercati come negli ultimi mesi, i suoi mercati finanziari risulteranno più attraenti e contribuiranno presto a sostenere una nuova, diversa fase di crescita.

– Newsletter Transatlantico N. 33-2020

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