Gli eventi legati al coronavirus vengono considerati dai più un “cigno nero”, un evento imprevedibile con conseguenze severe. Certamente quasi nessuno si aspettava una situazione di questa gravità, ma sarebbe superficiale non riconoscere che le borse erano pronte ad una forte correzione da tempo.
I principali mercati americani erano cresciuti quasi senza interruzione dall’aprile 2009, dopo aver toccato il fondo in seguito alla crisi scoppiata nel 2007. La narrazione prevalente nei media e tra gli analisti economici è che l’economia americana va a gonfie vele, ma come abbiamo documentato più volte, ci sono varie aree di preoccupazione, non solo legate alla precarietà delle classi media e bassa: si tratta di dinamiche speculative in alcuni settori come quello del credito al consumo, delle catene retail soggette ai leveraged buyouts (LBO), del consolidamento corporate nel mercato degli affitti, e del corporate raiding dei fondi di private equity nel settore dell’editoria. Si tratta di più sfaccettature di un assetto economico in cui il mondo finanziario cerca ancora di estrarre profitto dall’economia reale, attraverso la ricerca di quello che viene definita “efficienza”, ma che spesso significa redistribuzione dei ricavi creando un sistema sbilanciato da più punti di vista, e quindi anche suscettibile ad un collasso improvviso.
Non si può certamente dire che questo crollo è salutare. Avviene in un momento di panico generale, e riflette delle preoccupazioni chiaramente fondate in merito alle prospettive per l’economia reale nei prossimi mesi; e per alcuni paesi, come l’Italia, potrà avere conseguenze pesantissime. Tuttavia va riconosciuto che quando si costruisce un sistema finanziario con basi poco solide, l’instabilità è sempre dietro l’angolo, e le variazioni di questi giorni potrebbero innescare altre problematiche più strutturali.
– Newsletter Transatlantico N. 8-2020
March 13, 2020
Economia, Notizie