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Il secondo vertice tra Donald Trump e Kim Jong-un si è concluso con un nulla di fatto, in quanto il presidente americano ha deciso che non poteva concedere quanto chiedeva il leader nordcoreano. Ci sono state interpretazioni diverse su quanto ha chiesto Kim: secondo Trump pretendeva la fine di tutte le sanzioni attualmente in vigore, secondo Pyongyang invece si trattava solo delle sanzioni economiche imposte dal 2016 in avanti. In cambio Kim avrebbe offerto di chiudere il principale centro nucleare del paese, e mettere per iscritto l’impegno a interrompere in modo permanente i test dei missili balistici.
E’ evidente che Trump sperava in un accordo più ampio, nel segno della “denuclearizzazione completa” menzionata nel comunicato concordato dopo il primo incontro a Singapore lo scorso giugno. I nordcoreani, invece, puntano ad andare per passi, e chiaramente non hanno fretta a chiudere tutto, volendo tenersi qualche carta per il futuro.
Chi pensava che incontrare Kim fosse un errore in principio, ora afferma che gli Stati Uniti sono in una posizione più debole, avendo già concesso la visibilità a cui ambiva il leader di Pyongyang. Dall’altra parte, si sentono critiche a Trump per non aver chiuso l’affare.
Occorre mantenere un po’ di prospettiva. Il presidente americano ha spiazzato tutti quando è passato velocemente dalle minacce alla diplomazia. Ha trattato sì Kim Jong-un alla pari, ma per ora ha rinunciato a poco, mentre la sua amministrazione ha sviluppato anche un progetto ambizioso per lo sviluppo della Corea del Nord, che potrebbe trasformare il paese, naturalmente insieme all’alleato sudcoreano.
E’ facile – e pure lecito – criticare Trump per i suoi zig-zag, ma in una trattativa può anche essere utile non accettare la prima proposta fatta dall’altra parte. La situazione rimane aperta, in quanto entrambe le parti dichiarano di voler continuare le discussioni. Come spesso succede con Trump, ci sono elementi di ingenuità e strumentalità nelle critiche da entrambe le parti. Era ingenuo pensare che si arrivasse subito ad un accordo completo, ma è anche poco serio prendere questo intoppo come scusa per criticare alla radice l’apertura diplomatica.
– Newsletter Transatlantico N. 9-2019
March 5, 2019
Politica, Strategia