– (free) – di Andrew Spannaus –
A poco più di due mesi dalle prime primarie per le presidenziali del 2020, la contesa tra i democratici per sfidare Donald Trump è ancora apertissima. Joe Biden rimane in testa ai sondaggi ma non riesce a raggiungere il 30%, mentre Elizabeth Warren e Bernie Sanders sono poco dietro. Anche Pete Buttigieg – un giovane centrista, sindaco di South Bend, Indiana – si è inserito nel gruppo di testa e punta a vincere proprio la prima contesa, quella dell’Iowa del prossimo 3 febbraio.
Ognuno di questi candidati ha dei punti deboli, il che non permette di identificare un chiaro favorito. Ormai molti hanno capito le debolezze di Biden, di cui Transatlantico.info scrive dalla primavera di quest’anno: spesso straparla e comincia a sembrare effettivamente troppo vecchio per la carica. Sanders e Warren dividono l’elettorato progressista, però, e nessuno dei due dà segni di mollare per facilitare l’altro; anzi, cresce l’animosità tra i loro sostenitori.
Fino ad un mese fa, circa, sembrava che Warren fosse lanciata verso la condizione di probabile vincitrice. Da allora, due cose sono successe: primo, è partito un assalto contro di lei da parte dell’establishment finanziario e anche dai candidati centristi, che sono riusciti ad indebolirla con critiche ai suoi piani per rivoluzionare il mondo della sanità; secondo, personaggi influenti nel mondo democratico hanno cominciato a pensare a come fermarla attraverso manovre politiche interne al partito. Barack Obama, per esempio – vittima delle critiche di Warren in passato per essere stato troppo morbido con Wall Street – sembra aver incoraggiato l’ex governatore del Massachussetts Deval Patrick a buttarsi nella mischia, anche se con un ritardo clamoroso. Uno degli obiettivi sarebbe di sottrarre voti a Warren nel New Hampshire – il secondo stato ad esprimersi, a cui si attribuisce sempre molta importanza – essendo un democratico della sua stessa zona geografica.
C’è anche da registrare la candidatura di Michael Bloomberg, anche egli un nuovo arrivato, ma in questo caso con risorse illimitate. Infatti Bloomberg sembra pronto a spendere miliardi dei suoi soldi per promuovere se stesso, per cercare di colmare lo svantaggio enorme di non aver fatto campagna fino ad ora. La candidatura di Bloomberg – che interessa tantissimo ai giornalisti, specialmente in Europa – sembra rispondere proprio alla logica dello stallo: sa di non poter vincere con i voti, anche perché un miliardario di Wall Street non è proprio il candidato tipo nel mondo democratico di oggi, ma punta a presentarsi come un’opzione sicura e vincente se si dovesse arrivare alla Convention estiva senza un chiaro vincitore. Per Bloomberg Biden è troppo debole, e Warren troppo pericolosa.
Dunque l’establishment democratico è intento a bloccare i candidati progressisti (Warren e Sanders), ma teme la debolezza dei centristi attualmente in corsa. Con queste manovre si rischia non solo di arrivare al 2020 con un candidato debole, ma anche di fare il gioco di Donald Trump. Infatti mentre infuriano queste battaglie interne, il presidente continua a consolidare la sua forza in stati chiave come quelli del Midwest, e mostra anche un livello di sostegno sorprendente tra gli afroamericani, secondo le ultime rilevazioni.
– Newsletter Transatlantico N. 33-2019
December 8, 2019
Notizie, Politica