– di Andrew Spannaus –
E’ dal 1982 che il debito pubblico italiano ha superato il 60% del Pil, e dal 1992 che è andato oltre il 100%. Nonostante questo dato, l’Italia è entrata nel Trattato di Maastricht, e poi nella moneta comune europea. Oggi, però, la Commissione Europea minaccia una procedura per debito eccessivo. Vista la storia recente, è difficile vedere questa iniziativa come una mossa dovuta, o basata su ragioni obiettive. Certo, il debito è continuato ad aumentare sotto la tutela del Governo attuale, quindi si può ipotizzare un livello di preoccupazione crescente, ma è evidente che c’è una differenza di impostazione politica tra gli organi di Bruxelles e l’attuale esecutivo: se in passato il principio di fare deficit per poi raccogliere i frutti della crescita è stato accettato per la Francia e per la Germania, oggi altri paesi europei preferiscono adottare la linea dura nei confronti dell’Italia.
A differenza delle Procure italiane, la Commissione ha essenzialmente rispettato la tregua elettorale; se avesse agito prima, invece, è probabile che la Lega avrebbe preso ancora più voti alle elezioni europee, superando il suo primato del 34%. Questa considerazione ci riporta ad uno dei punti centrali del dibattito austerità/investimenti degli ultimi anni: la presunta necessità di fare “scelte difficili” per risolvere i problemi economici. I partiti “populisti” sono accusati di fare promesse facili, che farebbero male all’economia. Da questo punto di vista la democrazia non sembra compatibile con le regole economiche, almeno non con quelle monetariste degli ultimi decenni.
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June 15, 2019
Economia, Politica