(free) – di Paolo Balmas –
Lo scorso 7 luglio 2018, si è tenuto a Sofia l’incontro del “16+1 framework”, la piattaforma proposta da Pechino per promuovere i finanziamenti e lo sviluppo delle infrastrutture in 16 paesi dell’Europa orientale, dalle repubbliche baltiche fino all’Albania. Il 16+1 costituisce parte della strategia cinese di espansione in Europa. Si rivolge ai paesi dell’Est europeo, ex membri del blocco sovietico e dell’ex Iugoslavia, che sono stati assorbiti nella sfera di potere occidentale all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica. Un processo veloce che si è svolto, fra l’altro, con la privatizzazione forzata di industrie e imprese e il conseguente aumento del debito pubblico, senza le dovute garanzie di un piano per lo sviluppo infrastrutturale necessario per la crescita delle singole nazioni e dell’intera regione. In alcuni di questi paesi si comincia a accusare l’Unione Europea per quanto accaduto e tale malcontento, unito al limite dei finanziamenti devoluti per le infrastrutture strategiche, permette alla Cina di trovare terreno fertile per i propri investimenti e obiettivi.
Si comprende facilmente che le lacune esistenti nel rapporto fra le potenze occidentali e i paesi dell’Europa orientale si prestano perfettamente all’espansionismo cinese. Mentre i paesi europei occidentali si chiedono ancora se il progetto della Cintura economica presenti o meno delle opportunità, a oriente si calcolano i progetti proposti o finalizzati da Pechino in punti percentuale di Pil acquisiti nel breve-medio periodo. Si calcola, fra gli altri, un 10% per il Montenegro, un 1% per l’Ungheria, passando per un 7% per la Serbia. Quest’ultima ha firmato un accordo per la realizzazione della tratta nazionale della ferrovia che unirà Belgrado a Budapest, fino alla città di confine di Kelebija, di un valore di poco inferiore a un miliardo di dollari. In Bulgaria, invece, le imprese cinesi, (China Communications and Construction Corporation, China Road and Bridge Corporation, CITIC Construction, Mizrahi Real Estate Group, China Machinery Engineering Corporation, Quantum Global Solutions e PowerChina International), costruiranno quattro autostrade e un tunnel che passerà sotto la catena dei Balcani. Pechino e Bucarest, infine, hanno firmato un memorandum per lo sviluppo del sistema dei trasporti e altre infrastrutture.
Sebbene si parli sempre di progetti che rientrano nel più vasto ambito della Cintura economica, ve ne sono alcuni che riguardano più da vicino il trasporto ferroviario diretto delle merci fra la Cina e l’Unione Europea, che attualmente mostrano il successo dell’iniziativa cinese. Nel 2017, sono stati compiuti, attraverso queste nuove, o ammodernate, tratte ferroviarie che uniscono le coste cinesi orientali alle capitali dell’Europa occidentale, 3.673 viaggi, quasi il doppio rispetto al 2016 (1.702) e straordinariamente di più rispetto ai 17 del 2011. Tale crescita nello spostamento di merce su terra rappresenta uno dei maggiori cambiamenti del sistema commerciale mondiale. Anche la Russia è coinvolta nella Cintura, sebbene alcuni finanziamenti riguardanti lo sviluppo del sistema ferroviario russo siano stati rifiutati da Pechino. In qualsiasi caso, all’inizio di luglio 2018, è stata inaugurata una nuova rotta commerciale che va da Huaihua in Cina a Minsk, in Bielorussia, con un treno da 41 carri che ha impiegato 14 giorni per percorrere gli 11.155 km che dividono i due estremi.
Malgrado il successo, che ha visto un cambiamento positivo (in entrambe le direzioni) di strategia di alcune imprese come la Hewlett-Packard, la Volvo o la BMW, secondo gli analisti cinesi, l’Europa è ancora indietro sullo sviluppo infrastrutturale e l’Unione deve fare di più, soprattutto per agevolare il passaggio di treni attraverso gli snodi strategici, come ad esempio in Polonia. Ma le incertezze sono ancora molte a occidente. A tal riguardo, è interessante il commento dell’ex presidente polacco e Premio Nobel (Pace, 1983), Lech Walesa, secondo cui la Cina sta tentando di assorbire alcuni paesi europei (e non) nella propria sfera di influenza e che la globalizzazione, nel suo “vero significato”, è impossibile senza la partecipazione cinese. Secondo l’ex presidente, in gioco ci sarebbe il futuro della globalizzazione e i principi, occidentali o cinesi, sui quali sarà realizzata. Intanto, l’atteggiamento dell’Unione nei confronti della Cina continua a essere ambiguo, con una generica narrazione mediatica che vede la Cina come la nemica più pericolosa dell’Occidente da un lato e le opportunità che offre dall’altro. Ma giunti all’odierna interdipendenza delle economie occidentali e cinesi e alla progressiva integrazione della Cina nel sistema finanziario mondiale, rimane da capire come costruire il futuro della globalizzazione sulla base dei fatti constatati fino a oggi. Da anni è chiaro che di opportunità ve ne sono fin troppe, in questa fase di cambiamento. Ciò che manca in Occidente è una visione comune.
– Newsletter Transatlantico N. 25-2018
July 30, 2018
Economia, Politica