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Trump serio

Trump cerca il ritmo in politica estera

February 15, 2017

Notizie, Politica, Strategia

(free) – di Andrew Spannaus –

L’immagine fornita dai media delle prime settimane dell’Amministrazione Trump è piuttosto negativa, fatta di azioni e dichiarazioni impulsive che stanno creando delle crisi all’interno degli Stati Uniti e anche in politica estera. In questo secondo campo però, dopo alcuni segnali contrastanti dei primi giorni, il nuovo Presidente sembra aver smorzato alcune posizioni problematiche, e di voler riprendere la direzione indicata prima dell’insediamento alla Casa Bianca.

Il primo esempio è quello dei rapporti con la Cina. A dicembre un gruppo di lobbisti guidato dall’ex Senatore Bob Dole aveva organizzato la famosa telefonata con la presidente di Taiwan, provocando una serie di preoccupazioni sull’aderenza o meno della nuova Amministrazione alla consueta posizione che non riconosce Taiwan come una nazione indipendente.

Trump ha continuato a lanciare provocazioni pubbliche per alcune settimane, ma oltre ad aver nominato come Ambasciatore a Pechino il governatore dell’Iowa Terry Branstad, che conosce Xi Jinping da trent’anni, lo scorso giovedì Trump ha parlato con Xi promettendo di onorare la politica “One China”. Con questa decisione la Casa Bianca sembra intenzionata a frenare le componenti dell’Amministrazione che caldeggiano uno scontro aperto con la Cina.

Il Presidente ha anche fatto un passo indietro nei confronti di Israele, riprendendo in parte la sua posizione originale espressa un anno fa di “equidistanza” tra israeliani e palestinesi. Ultimamente Trump si era avvicinato molto alle posizioni di Netanyahu e dei suoi sostenitori americani, scagliandosi contro le mosse della precedente Amministrazione che aveva permesso l’approvazione di una risoluzione all’ONU che criticava i nuovi insediamenti israeliani.

Negli ultimi giorni però il Presidente ha dato segnali di un ripensamento, dichiarando in un’intervista al giornale Israel Hayom – considerato molto vicino al Primo ministro Netanyahu – che Israele dovrebbe agire in modo “ragionevole” in merito al processo di pace e che “l’avanzamento degli insediamenti non fa bene alla pace”.

Trump ha anche smorzato la sua posizione sullo spostamento dell’Ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, tema caro ai sostenitori della destra israeliana che ritorna continuamente nelle campagne presidenziali americane. Nella stessa intervista citata sopra il Presidente ha detto che sta ancora ragionando sulla difficile questione dell’Ambasciata.

Sul tema più caldo invece, quello della Russia, Trump continua a promettere di muoversi verso un atteggiamento più collaborativo. Questo mentre al Senato repubblicani e democratici lavorano insieme per tentare di bloccare la nuova corsa promessa da Trump. E’ stata introdotta una nuova proposta di legge che toglierebbe al Presidente l’autorità di rimuovere le sanzioni alla Russia senza l’approvazione del Congresso.

Tra i promotori si trovano i soliti noti, compresi John McCain, Marco Rubio e Lindsey Graham. McCain e Graham in modo particolare continuano ad essere molto attivi nel cercare di impostare la politica estera del paese, con viaggi e dichiarazioni pubbliche che vanno ben oltre il loro ruolo da Senatori. Si ricorda il viaggio in Ucraina a gennaio, in cui hanno promesso che il 2017 sarà “l’anno dell’attacco”.

Trump se n’è accorto, e ha risposto a McCain e Graham in un tweet dicendo che i due Senatori “dovrebbero concentrare le loro energie sull’ISIS, l’immigrazione clandestina e la sicurezza dei confini, invece di cercare sempre di iniziare la Terza Guerra Mondiale”.

– Newsletter Transatlantico N. 9-2017

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