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President George W Bush visits CIA Headquarters, March 20, 2001.

Trump accusa l’intelligence Usa

January 15, 2017

Politica

(free) – di Andrew Spannaus –

La battaglia sul controllo della politica estera americana si è inasprita ulteriormente negli ultimi giorni, con la diffusione del dossier sulle presunte informazioni compromettenti che i russi avrebbero su Donald Trump. Dopo la pubblicazione del dossier da parte della CNN e del sito Buzzfeed, il Presidente eletto ha preso di mira le “agenzie di intelligence” statunitensi accusandole di un ultimo tentativo di delegittimarlo prima dell’inaugurazione.

Nella conferenza stampa di mercoledì scorso Trump, il Vicepresidente eletto Mike Pence e il portavoce presidenziale Sean Spicer si sono tutti scagliati contro gli organi di stampa che hanno deciso di pubblicare informazioni non verificate e anche “non verificabili” (secondo lo stesso Buzzfeed). Ma quasi tutte le domande da parte dei giornalisti erano comunque legate alle accuse contenute nel dossier o alla posizione di Trump in merito alle presunte interferenze russe nella campagna elettorale.

Quello di cui non si è parlato è la motivazione dietro tutte le attenzioni al tema della Russia nelle ultime settimane: la forte opposizione di quasi tutte le istituzioni Usa alla strada diplomatica tracciata dal prossimo presidente in merito alle relazioni con Vladimir Putin. Infatti nonostante il clima da Guerra Fredda creato dalla stampa e dal mondo politico, Trump si rifiuta di modificare la sua posizione di apertura. Il Presidente eletto ricorda spesso l’importanza di collaborare con la Russia nel combattere l’ISIS e il terrorismo più in generale, ma ormai il metodo di risposta preferito sembra essere asimmetrico, con la massima diffusione data alla campagna per dipingere Putin e il suo paese come una minaccia immediata per gli Stati Uniti e tutto il mondo occidentale.

Il contrasto tra le diverse posizioni all’interno degli Stati Uniti è diventato ancora più marcato anche perché il Presidente Obama ha cambiato il proprio approccio sulla Russia negli ultimi mesi. Dal 2013 in poi il Presidente uscente e il Segretario di Stato John Kerry avevano cominciato a lavorare insieme alla Russia, sulla rimozione delle armi chimiche siriane, sull’accordo con l’Iran, e su potenziali operazioni congiunte contro il Fronte al Nusra.

Questa via diplomatica è tramontata però a partire dallo scorso settembre, quando il Pentagono si è aggiunto all’opposizione già esercitata dall’intelligence e dal Congresso, in vista anche del (presunto) arrivo di Hillary Clinton alla Casa Bianca.

La vittoria di Trump ha interrotto il ritorno alla posizione neoconservatrice, provocando il panico tra chi preferisce una posizione più aggressiva. Ora Obama sembra aver dimenticato la sua strategia precedente, e partecipa appieno al tentativo di indebolire Trump anche su punti dove le loro visioni non sono così distanti.

La domanda aperta è se, e quando, il nuovo Presidente riuscirà ad imporre la propria visione – laddove esiste, come nel caso della collaborazione contro il terrorismo – sulle istituzioni di intelligence e di sicurezza nazionale del Paese.

Per quanto riguarda l’Italia, c’è da registrare la dichiarazione del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni durante la conferenza stampa congiunta con Hollande: “… non siamo disponibili a rilanci delle logiche di Guerra Fredda”.

– Newsletter Transatlantico N. 3-2017

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