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Le bombe sulla Siria piacciono ai clintoniani

April 29, 2017

Notizie, Politica

(free) – di Andrew Spannaus –

L’attacco alla base aerea di Shayrat in Siria del 6 aprile scorso ha segnato un cambiamento di direzione nella politica estera del presidente Donald Trump, facendo tirare un sospiro di sollievo collettivo all’establishment di sicurezza nazionale negli Stati Uniti. L’intervento ha riscosso il sostegno di numerosi politici, partendo dai soliti sospetti come i Senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham. Ma dichiarazioni di sostegno sono venute anche da personaggi nel mondo democratico, alcuni dei quali legati strettamente a Hillary Clinton.

Cresce la schiera di democratici che si definiscono “la Resistenza”, persone dentro e fuori le istituzioni che vogliono bloccare le iniziative del presidente Trump, visto come un pericolo mortale per il paese. Sulla Siria però, la Resistenza si trova d’accordo con il presidente, e non ha paura di dirlo. Come ha fatto notare l’ex funzionario del Dipartimento di Stato James Carden in un recente articolo su Consortiumnews.com, il bombardamento della Siria ha ottenuto plausi da numerose figure nell’orbita clintoniana, che ora parlano del “giudizio positivo” del presidente, che avrebbe cominciato ad addottare “posizioni normali”, per citare le parole della giornalista Ruth Marcus del Washington Post, grande sostenitrice di Hillary.

Ci sono anche figure importanti che hanno lavorato al Dipartimento di Stato sotto Obama, come Anthony Blinken e Anne Marie Slaughter, che hanno elogiato il bombardamento, definendolo “la cosa giusta” e una decisione chiaramente giustificata dal punto di vista morale.

Le critiche a Trump per aver cambiato direzione, e anche per non aver chiesto alcuna autorizzazione al Congresso, non hanno trovato molto spazio. Quei pochi politici che le hanno espresse si sono trovati subito bersagliati dalla stampa e dalla politica mainstream. Per esempio la deputata Tulsi Gabbard (Hawaii) è stata definita dal Washington Post “il portavoce di Assad a Washington”, e numerosi gruppi nel mondo democratico hanno chiesto che venga mandata via da Congresso nelle prossime elezioni.

– Newsletter Transatlantico N. 21-2017

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