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Le dimissioni del generale Michael Flynn dalla carica di Consigliere per la Sicurezza Nazionale rappresentano una vittoria per quella parte dell’establishment americano che vuole bloccare l’apertura diplomatica alla Russia voluta da Donald Trump.
Flynn si è dimesso su richiesta del Presidente, dopo le rivelazioni in merito alle sue conversazioni con rappresentanti russi, prima dell’insediamento di Trump, sulla possibilità di rimuovere le sanzioni contro la Russia. Tuttavia dalla Casa Bianca si insiste che l’avvicendamento non è avvenuto a causa dei contatti tenuti da Flynn, ma piuttosto perché non aveva detto la verità al Vicepresidente Mike Pence, portando quest’ultimo a fare dichiarazioni pubbliche errate e creando confusione e imbarazzo per la nuova Amministrazione.
Ci sono diversi aspetti anomali della vicenda, che fanno capire la battaglia politica dietro. Intanto si nota che l’Fbi ha registrato le telefonate di Flynn, e poi ha fatto trapelare i contenuti alla stampa. Il monitoraggio delle comunicazioni di un cittadino privato, e tanto più di uno in procinto di diventare una figura chiave nella nuova Amministrazione, non dovrebbe accadere senza l’approvazione di un tribunale. La risposta ufficiale è che la sorveglianza di importanti personaggi stranieri con cui Flynn ha parlato ha portato il Dipartimento di Giustizia ad informare la Casa Bianca di potenziali problemi. Successivamente si è passato alla seconda fase: parlarne con i giornali e le televisioni, per mettere pressioni pubbliche su Trump.
Il ruolo della stampa indica l’altro aspetto problematico del caso Flynn. Praticamente tutti i resoconti pubblicati fanno pensare che il generale si sia dimesso perché ha parlato con i russi, come se questo fosse in sé una grave violazione della legge. Si tratta di un travisamento fatto ad arte per mettere pressioni sull’Amministrazione Trump in merito alla politica verso la Russia.
Infatti non dovrebbe sorprendere che una persona prossima a diventare il Consigliere per la Sicurezza Nazionale parli con rappresentanti di paesi stranieri. Anzi, da un certo punto di vista è auspicabile, in quanto c’è sempre un periodo di incertezza nei mesi tra le elezioni a novembre e l’inaugurazione a gennaio, in cui è utile avere dei contatti con i futuri interlocutori. Censurare tali iniziative ha l’obiettivo di criminalizzare le discussioni con la Russia, da considerare come nemico assoluto.
In questo caso Trump ha subito le pressioni pubbliche, ma ha voluto sottolineare che Flynn non è stato mandato via a causa di una violazione della legge, ma perché non si è coordinato con il vicepresidente, creando una situazione problematica per la Casa Bianca.
Per quanto riguarda la Logan Act, la legge del 1799 citata spesso in questo periodo che vieterebbe ai cittadini privati di fare politica estera, si nota che fu utilizzata una volta solo, nel 1803, e senza arrivare ad una condanna. Ci sono tantissimi casi invece di cittadini che tentano di influenzare la politica del paese. Basti pensare alle Ong che intervengono nelle vicende di altre nazioni, o ai Senatori e Deputati che fanno dichiarazioni apertamente in contrasto con le posizioni del Presidente; non si vedono tentativi di bloccare queste iniziative.
E’ alquanto contraddittorio accusare Flynn in questo caso, proprio per via del suo ruolo. Quello che evidentemente si vuole fare invece, è mettere l’Amministrazione sulla difensiva, e rendere più difficile le trattative con la Russia.
– Newsletter Transatlantico N. 11-2017
February 24, 2017
Politica, Strategia