(free) – Dopo mesi di dichiarazioni su come tutte le agenzie d’intelligence americane sono convinte senza ombra di dubbio che i russi sono intervenuti nelle elezioni americane del 2016 attraverso operazioni di hackeraggio, le certezze cominciano a vacillare. Giovedì 29 giugno il New York Times ha pubblicato una nota in merito alla valutazione dell’intelligence sugli hacker russi: … “La valutazione è stata svolta da quattro agenzie, l’Ufficio del Direttore dell’intelligence nazionale, la Cia, l’Fbi, e il Nsa. La valutazione non è stata approvata da tutte le 17 organizzazioni della comunità d’intelligence americana”.
Gli scettici, che fanno notare l’assenza di una National Intelligence Estimate (NIE), cioè una valutazione formale, sulla questione, considerano questa ammissione una vittoria. Si tratta comunque di quattro agenzie fondamentali, ovviamente, ma le affermazioni sull’hackeraggio russo risultano ancora più ridimensionate considerando la testimonianza di James Clapper al Senato dell’8 luglio?. L’ex Direttore dell’intelligence nazionale sotto Obama aveva detto che erano solo 3 le agenzie, e anche che gli analisti erano stati “scelte a mano” per valutare il ruolo russo nelle elezioni.
Rimane da vedere se questa “correzione” sarà l’inizio di un dibattito più onesto sulla questione. Al momento sembra poco probabile, dato il clima pesante creato dalle accuse continue a componenti dell’Amministrazione per aver tradito il Paese entrando in contatto con rappresentanti diplomatici della Russia per parlare di come migliorare i rapporti con gli Usa, compresa la crisi ucraina.
Sul fronte diplomatico, Trump e Putin si incontreranno ad Amburgo la prossima settimana nel corso del vertice del G-20. Secondo l’Associated Press, il presidente americano vorrebbe un incontro con tutti i fiocchi, ma ci sarebbero divergenze profonde dentro l’Amministrazione sul grado di apertura da dimostrare. “Molti funzionari credono che gli Usa debbano mantenere le distanze dalla Russia in questo momento delicato – e interagire solo con grande cautela”. La delicatezza sarebbe data dalle “indagini in corso” a Washington.
E’ utile comunque ricordare la natura delle accuse alla Russia sull’hackeraggio. Ovviamente non si deve escludere un ruolo russo in operazioni informatiche coperte, piuttosto comuni tra le grandi potenze, ma le interferenze di cui si parlano sarebbe state: 1. aver svelato la corrispondenza e-mail dentro il partito democratico, dimostrando che il capo del partito aiutava Hillary Clinton a scapito di Bernie Sanders; e 2. aver pubblicato messaggi con i contenuti (parziali) dei discorsi di Clinton alla Goldman Sachs, testi che la candidata si rifiutava di pubblicare per non subire ulteriori critiche per essere troppo vicina alla grande finanza.
Dunque la colpa dei russi sarebbe di aver rafforzato le impressioni negative del pubblico americano in merito a Hillary Clinton, svelando per esempio le sue stesse parole. Non sorprende che quando i cittadini sono andati a votare, non hanno dato molto peso alla difesa addotta da Clinton nel corso della campagna elettorale, che ogni critica a lei era colpa di Vladimir Putin.
Nel dopo elezioni le accuse alla Russia si sono dimostrate più efficaci nel sviare le attenzioni dalla questione di sostanza, e spingere l’orientamento delle istituzioni verso un atteggiamento da nuova Guerra Fredda.
– Newsletter Transatlantico N. 30-2017
July 1, 2017
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