(free) – Mentre gli Stati Uniti e la Russia lavorano per raggiungere un accordo politico in Siria, con l’obiettivo di combattere insieme l’ISIS e il Fronte al-Nusra, è bene ricordare che non tutti condividono lo stesso obiettivo; c’è chi preferisce sostenere gli estremisti sunniti piuttosto che rischiare un aumento del peso dei loro avversari. In linea con la fallita politica del cambiamento di regime, questa visione è stata espressa di recente dal Prof. Efraim Inbar, direttore del Begin-Sadat Center for Strategic Studies (BESA), un noto think-tank israeliano.
In un paper pubblicato ad agosto Inbar, che non nasconde le sue simpatie per una politica di destra, propone di evitare quello che definisce un “errore strategico”, il tentativo di sradicare lo Stato islamico. Le sue prime argomentazioni sono di natura pratica: riconosce i danni e la brutalità del gruppo, ma afferma che “un’ISIS debole è preferibile ad un’ISIS distrutto”, essenzialmente perché attrae i musulmani radicalizzati, permettendoci di ucciderli in modo più efficiente. Se invece molti di questi tornassero ai loro paesi di origine, aumenterebbe di molto il pericolo altrove. Questo atteggiamento “cinico” ma “utile”, come lo definisce l’autore, serve anche per minare l’attrazione del califfato nel lungo periodo, mentre la distruzione dello stesso dall’Occidente potrebbe alimentare la percezione di una guerra contro l’Islam.
Inbar arriva presto però alle motivazioni più profonde, che sono di natura strategica. “La stabilità – scrive – non è un bene per sé. E’ da desiderare solo se promuove i nostri interessi”. E a suo avviso questi interessi non includono azioni che potrebbero aiutare i nostri nemici: la Russia, l’Iran, e Bashar al-Assad. Tra questi l’obiettivo principale di Inbar è l’Iran, e il direttore del BESA crede che l’Amministrazione Obama abbia gonfiato artificialmente la minaccia dell’ISIS per giustificare la propria politica verso l’Iran, mentre sarebbe meglio riconoscere che “l’ISIS può essere uno strumento utile per minare il piano ambizioso di Teheran per il dominio del Medio Oriente”.
La posizione espressa da Inbar trova molti consensi in Occidente tra chi considera ancora l’Iran il nostro nemico numero uno. Aumentano infatti le critiche al presidente uscente per aver perseguito con grande determinazione l’accordo con la Repubblica islamica, dando inizio ad un cambiamento nei rapporti di forza in Medio Oriente, riflesso anche nella collaborazione con la Russia intorno alla Siria.
L’aumento dei tentativi di delegittimare le attività diplomatiche del secondo mandato di Obama fanno presagire un potenziale ritorno alle strategie passate nella prossima amministrazione.
– Newsletter Transatlantico N. 61-2016
September 13, 2016
Notizie, Strategia