(free) – di Andrew Spannaus – (immagine: La battaglia di Lepanto, Musei Vaticani)
Le prime nomine del presidente eletto Donald Trump non sono state particolarmente sorprendenti; ha scelto persone che lo hanno consigliato e sostenuto durante la campagna elettorale, come il Senatore Jeff Sessions (ministro della Giustizia) e il Generale Michael Flynn (Consigliere per la Sicurezza Nazionale).
E’ stata la prima nomina annunciata però, quella di Steve Bannon come principale consigliere del presidente, a provocare una nuova ondata di indignazione tra la stampa dell’establishment negli Stati Uniti. Bannon è accusato di essere un “nazionalista bianco”, razzista e antisemita, e dunque inaccettabile in un ruolo così sensibile.
Come è successo per tutto l’anno, la lettura data dai media è superficiale. E’ indubbio che nel suo ruolo di capo di Breitbart News Bannon ha contribuito ad alimentare una parte estrema e provocatoria della società americana, quindi è giustissimo criticare il suo ruolo come dirigente nel settore dei media. Il rischio però è di non capire l’aspetto più profondo della sua visione del mondo, che può piacere o meno, ma che avrà un ruolo importante nell’influenzare Trump.
In risposta alle accuse di razzismo, di recente Bannon ha risposto così:
“Io non sono un nazionalista bianco, sono un nazionalista. Sono un nazionalista economico. I globalisti hanno eviscerato la classe lavoratrice e hanno creato una classe media in Asia. La questione ora riguarda gli americani che non vogliono più essere fottuti”.
Bannon infatti concentra il suo fuoco contro le politiche dell’élite, l’alleanza tra istituzioni, finanza e media che negli ultimi decenni hanno imposto un modello di globalizzazione che secondo lui minaccia il carattere stesso della tradizione americana, basata sul lavoro e sui valori cristiani.
In un discorso pronunciato via Skype ad una conferenza tenutasi all’interno del Vaticano nel 2014, Bannon spiegò la sua visione del capitalismo basato sui valori giudaico-cristiani dell’Occidente, che a suo modo di vedere sono in profonda crisi. In quell’occasione criticò sia il capitalismo di stato della Cina e della Russia, sia il capitalismo che trasforma le persone in merci, senza rispettare i principi della fede. Ebbe parole dure per la cultura di Wall Street, che si lega alla crescente secolarizzazione della società: un’economia dove contano solo i soldi veloci, non i valori umani.
Corollario di questo indebolimento dell’Occidente è la minaccia del “fascismo islamico”, che secondo Bannon ci costringerà ad una guerra globale per difendere la nostra cultura.
Visto così si comincia a capire la forma mentis dell’uomo che al momento è il consigliere più fidato del prossimo presidente degli Stati Uniti. Le sue visioni sugli aspetti dell’identità cristiana, anti-mondialista, sono utilizzati per giustificare alcuni atteggiamenti duri, sia su temi come l’immigrazione, sia nei confronti delle élite degli stessi paesi occidentali.
– Newsletter Transatlantico N. 79-2016
November 28, 2016
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