(free) – di Paolo Balmas –
Lo scorso 14 novembre 2016, Igor Dodon, candidato del Partito dei socialisti moldavi, ha vinto le elezioni presidenziali contro la rivale Maia Sandu, del partito Azione e Solidarietà. Dodon promuove un avvicinamento alla Federazione Russa e all’Unione economica euroasiatica, mentre la Sandu è a favore di una maggiore vicinanza alla sfera occidentale e di un’integrazione con l’Unione Europea.
Dodon ha annunciato che il suo primo viaggio all’estero da presidente avrà come destinazione Mosca. Tra le altre cose, ha detto, qui discuterà del processo di pace in Transnistria. Il nuovo Presidente, infatti, è deciso a donare maggiore indipendenza alla regione, dove oggi ancora stazionano le truppe russe.
Il risultato elettorale si presta a due riflessioni sul ruolo e sul futuro dell’Europa. Il primo riguarda la necessità di raggiungere la consapevolezza che alcune regioni sono abitate da popolazione russofona, quindi legate naturalmente a Mosca e non solo per ragioni politiche, come è anche per la Crimea e per il Donbass in Ucraina. L’Unione Europea ne deve tenere conto, soprattutto se è realmente intenzionata ad ampliare ulteriormente i propri confini.
Il secondo punto consiste nel fatto che in Europa orientale si è generato un movimento proiettato verso la riscoperta delle relazioni con la Russia, confermato anche dalle recenti elezioni in Bulgaria e già dalle elezioni in Ucraina precedenti alla rivolta del Maidan. Al di là delle attività politiche sponsorizzate da Mosca in questi paesi, Bruxelles deve prendere atto di quanto abbia mostrato le proprie debolezze con la Brexit e con la politica di accoglienza dei migranti. Non è da sottovalutare l’effetto di questi due fattori su entrambe le recenti elezioni.
Moldavia e Bulgaria hanno dimostrato la volontà di prendere distanza dall’Unione Europea. Certamente le situazioni sono ben differenti l’una dall’altra, visto che la Bulgaria ne fa parte e la Moldavia no. In Bulgaria è stato confermato al secondo turno Rumen Radev, sostenuto dal Partito socialista, che non mette in dubbio la condizione di membro Ue, tanto meno della Nato, ma è fortemente a favore di una nuova apertura nei confronti della Russia.
Tuttavia, il principale fattore di contrasto che è emerso fra questi paesi e Bruxelles risiede nella fallimentare politica delle sanzioni alla Russia. I risultati elettorali sono l’effetto indesiderato di una guerra economica in pieno svolgimento. L’Unione Europea ha scoperto che al fronte non può più utilizzare il proprio prestigio, svilito da un anno tragico, il 2016. In altre parole, la forza centripeta dell’Unione non è più la stessa e bisogna tenerne conto quando si intraprendono operazioni economiche offensive. In caso contrario l’effetto boomerang si amplifica.
Infine, si deve notare che le elezioni in Moldavia potrebbero avere delle ripercussioni sui piani di espansione degli Stati Uniti. Infatti, secondo il Fight Russian Energy Exploitation (Free) Act, rilasciato nel 2014, la Moldavia è uno dei paesi “potenzialmente interessati” all’esportazione di gas naturale liquido statunitense. Una posizione filo-russa del paese potrebbe mettere in dubbio quell’interesse e insinuare la necessità di un cambio di strategia fra i corridoi delle istituzioni americane.
– Newsletter Transatlantico N. -2016
November 18, 2016
Notizie, Politica