(free) – di Paolo Balmas –
Lo scorso fine settimana, nello stato dell’Oklahoma (Usa) si è verificato un terremoto di 5,6 gradi, il più potente della storia nella regione che fino a pochi anni fa era soggetta solo a una lieve attività sismica.
Infatti, fino al 2005 l’Oklahoma registrava pochi terremoti l’anno, di un’intensità media pari a 2,5 gradi o poco più. Negli ultimi due anni, invece, si è giunti a un’attività di circa 2.500 terremoti l’anno.
Non ci sono stati gravi danni collaterali, ma la preoccupazione dell’autorità preposta all’analisi geologica, il U.S. Geological Survey, consiste nel fatto che tale attività è da attribuire all’industria degli idrocarburi. In particolare all’aumento dei pozzi per lo smaltimento di acqua prodotta da attività estrattive.
La questione dell’acqua inquinata è stata, ed è ancora, oggetto di dibattito fra produttori e ambientalisti. Il problema riguarda sia le trivellazioni su terra ferma che off-shore. È stato più volte sostenuto che in aree a bassa presenza di acqua potabile, la depurazione delle acque reflue potrebbe essere una soluzione a molti problemi.
Tuttavia, non si tratta più solo di inquinamento, ma anche di cambio climatico, se non di un nuovo ambito di alterazione geofisica. In Oklahoma il numero di pozzi per lo smaltimento è aumentato esponenzialmente e si sta ancora cercando di comprendere se sono alla radice del fenomeno sismico. Nel frattempo e nell’incertezza, le autorità dello Stato americano hanno già chiuso 37 di questi pozzi.
– Newsletter Transatlantico N. 61-2016
September 13, 2016
Economia, Notizie