(free) – di Andrew Spannaus –
La graduale distruzione del settore delle manifatture negli Usa sta tornando al centro del dibattito politico, grazie principalmente all’esplosione di sostegno per i candidati outsider alle presidenziali americane. Nel tentare di spiegare perché un personaggio come Donald Trump riesce a rimanere in testa alle primarie repubblicane, molti commentatori cominciano finalmente a rendersi conto degli effetti della politica anti-industriale degli ultimi decenni.
La crescente opposizione ai trattati commerciali come il Tpp e il Ttip trova le sue radici nello spostamento di decine di migliaia di fabbriche verso paesi a costo del lavoro basso nell’America Centrale e nell’Asia. E molti cittadini riconoscono il collegamento con l’accordo commerciale precedente, il NAFTA con il Messico, che diede il via alla fase di outsourcing a partire dal 1994.
Ci sono stati alcuni casi eclatanti nelle ultime settimane che hanno attirato l’attenzione sul problema. Ha fatto scalpore in modo particolare l’annuncio da parte della United Technologies della chiusura di due fabbriche nell’Indiana e il licenziamento di 2.100 lavoratori. La società, che produce componenti per condizionatori, non ha particolari difficoltà finanziarie e faceva profitti con gli impianti in via di chiusura. Tuttavia ha deciso di costruire un nuovo stabilimento nel Messico, dove i lavoratori guadagneranno 3 dollari all’ora, rispetto ai 20 percepiti dagli operai americani, oltre ad avere standard sociali ed ambientali decisamente inferiori.
Si tratta di un solo caso su molti, ma un video Youtube ha immortalato il momento in cui un dirigente ha comunicato la decisione ai dipendenti, provocando un prevedibile clamore.
A rendere più odiosa la decisione della società è il fatto che negli ultimi anni aveva ricevuto 530 mila dollari in incentivi pubblici dallo stato dell’Indiana, e addirittura 121 milioni di dollari dal governo federale attraverso crediti d’imposta con lo scopo di mantenere i posti di lavoro “verdi” negli Stati Uniti.
Sono queste le radici della rabbia tra la “classe media bianca” in America, che si sta ribellando ad un establishment che da decenni impone la propria visione economica e strategica senza curarsi degli effetti su buona parte della popolazione.
– Newsletter Transatlantico N. 15-2016
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February 26, 2016
Economia, Notizie