(free) – di Paolo Balmas –
Dopo mesi di discussioni che hanno coinvolto anche autorità e organizzazioni internazionali, domenica 27 dicembre 2015 è stata approvata in Cina la prima Legge antiterrorismo della Repubblica popolare.
La necessità di una legge per prevenire gli attacchi terroristici è emersa già da qualche anno, con l’aumento delle attività degli estremisti della provincia occidentale dello Xinjiang di etnia uigura. Da molto tempo, ormai, in Cina si discute sul pericolo del rientro dei foreign fighters uiguri che si sono uniti all’Isis per combattere in Iraq e in Siria. La popolazione dello Xinjiang è quasi tutta musulmana sunnita.
Tuttavia, le attività terroristiche non sono unicamente connesse con il terrorismo internazionale. Anzi, il principio separatista che anima le violenze nella periferia cinese risale a tempi ben più lontani e trova una ragione di fondo prettamente locale. Per il governo di Pechino sempre di terrorismo si tratta e lo spettro dell’influenza dell’Isis sulla stabilità già precaria della regione aumenta la preoccupazione e il bisogno di strumenti anche legali per non rischiare di trovarsi impreparati.
L’episodio più recente della battaglia fra estremisti e forze governative risale allo scorso mese. Le forze di sicurezza cinesi hanno ucciso ventotto attivisti che erano stati individuati come autori dell’attacco avvenuto circa un anno prima in un complesso minerario dello Xinjiang, dove avevano perso la vita sedici persone.
Per semplificare, Pechino avverte l’imminenza della spinta religiosa esterna e teme che ciò accenda una pericolosa fiammata di terrore nelle proprie città. La nuova legge dichiara chiaramente che la Cina si oppone fermamente a ogni estremismo che incita alla discriminazione e alla violenza per mezzo della distorsione di dottrine religiose.
Ma il testo esplora terreni molto vasti e si estende anche su fronti lontani da ciò che viene comunemente designato come Terrore. Emerge una definizione di terrorismo poco precisa, soprattutto se si parte da un punto di vista concentrato sulle attività dell’Isis. Infatti, la legge chiama in causa anche le imprese private che potranno essere coinvolte nelle ricerche contro le attività terroristiche in patria. Si richiede espressamente la collaborazione con le autorità e la consegna di tutto il materiale digitale criptato. Di conseguenza, il segreto industriale dovrà essere rivelato nel caso in cui l’impresa che lo detiene fosse coinvolta nelle indagini.
Le perplessità negli ambienti internazionali sono emerse proprio su questo punto. Lo stesso presidente degli Stati Uniti, Obama, aveva sottolineato lo scorso marzo il pericolo di un eccessivo potere in mano alle autorità nei confronti delle grandi compagnie che operano sul suolo cinese; fra queste si ricordano i grandi della tecnologia come Apple e Cisco.
Sebbene il dibattito si sia principalmente concentrato sulla questione relativa alla possibilità di accedere alle informazioni criptate, sembra che ci sia un lato meno dibattuto che potrebbe avere risvolti ben più immediati e importanti sul piano internazionale.
Prima di tutto, la nuova legge cinese prevede la possibilità di inviare truppe all’estero in operazioni antiterrorismo. Inoltre, rende possibile il temporaneo congelamento dei fondi di organizzazioni sospettate di finanziare attività terroristiche.
La legge entra in vigore a gennaio 2016.
– Newsletter Transatlantico N. 94-2015
December 30, 2015
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