(free) – di Andrew Spannaus –
Tra meno di due mesi cominceranno le votazioni delle primarie presidenziali negli Stati Uniti. Sul lato repubblicano, in linea con l’andamento delle campagne passate è ora possibile individuare un candidato preferito dall’establishment e il suo sfidante principale tra gli outsider poco graditi al mondo politico, ma popolari tra la base degli attivisti. Oggi, dopo mesi di posizionamento, le due figure che emergono sono Marco Rubio e Donald Trump, come abbiamo già scritto nelle ultime settimane.
Ci sono numerosi altri candidati ancora attivi però, alcuni dei quali si stanno posizionando per approfittare di un eventuale passo falso dei personaggi più in vista. Tra questi troviamo per esempio Ted Cruz, giovane Senatore del Texas che ha sempre rappresentato l’ala dura del Tea Party. Cruz si trova ora quarto nei sondaggi nazionali, e terzo nello stato cruciale dell’Iowa, che darà il via alla stagione delle primarie con i congressi di partito il 1 febbraio 2016.
Se Trump si presenta come l’anti-establishment per eccellenza, Cruz invece sta facendo un gioco più sottile. Nei suoi 3 anni al Senato ha spesso sfidato i leader del partito, adottando una linea intransigente sulla spesa pubblica e sui temi sociali. Tuttavia è difficile considerarlo un vero outsider: avvocato con lauree da Princeton e Harvard Law School, Cruz ha lavorato alla Commissione Federale sul Commercio e al Dipartimento di Giustizia. Sfrutta abilmente la rabbia contro Wall Street nei suoi comizi, ma sua moglie è una dirigente della Goldman Sachs a Houston (per l’occasione della campagna ha pensato bene di prendere un sabbatico).
Questa settimana Cruz, che mira a sottrarre voti alla campagna dell’insorgente Trump, ha aperto un altro fronte di critica contro Rubio, accusandolo di essere un interventista neocon che caldeggia le avventure militari che aiutano i terroristi. Ha cercato di collegare Rubio all’Amministrazione attuale e all’intervento in Libia “che ha consegnato il paese ai terroristi islamici radicali”. Purtroppo?, ha detto Cruz in un discorso recente davanti alla Republican Jewish Coalition, “troppi repubblicani al Senato” seguono “la politica sbagliata di Barack Obama e Hillary Clinton”.
Il Senatore del Texas ha anche accusato repubblicani e democratici di essere pronti a ripetere gli stessi errori del passato, con l’imposizione di una no fly zone in Siria.
Le critiche mosse da Cruz sono interessanti in quanto rivelano quello che l’establishment del partito non intende assolutamente ammettere: che in realtà la popolazione americana non sostiene la linea interventista che viene da Washington. I media riescono sì a plasmare l’opinione pubblica quando si parla di personaggi come Saddam, Gheddafi o Assad, ma basta scavare un po’ sotto la superficie per trovare una forte avversione a nuove avventure militari.
Le posizioni di Cruz non sono certamente quelle di una colomba – promette di fare a pezzi i successi diplomatici di Obama, dall’accordo con l’Iran all’apertura a Cuba – ma anche le critiche opportunistiche ai suoi rivali indicano linee di faglia nell’elettorato che potrebbero costituire dei problemi disattesi dai politici di Washington durante la campagna elettorale.
– Newsletter Transatlantico N. 88-2015
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