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Hillary Clinton e Bengasi

October 13, 2015

Politica

(free) – di Andrew Spannaus –

Sono passati quattro anni dai tragici eventi di Bengasi, Libia, in cui quattro americani persero la vita durante un attacco al Consolato Usa. L’evento divenne subito un caso scottante a causa della confusione evidente nei resoconti ufficiali; per i repubblicani in modo particolare l’Amministrazione Obama avrebbe cercato di coprire le proprie mancanze (non aver previsto l’attacco, soccorsi non inviati in modo tempestivo) attaccandosi alla storia della manifestazione spontanea trasformatasi in un attacco impossibile da prevenire.

La questione fu decisiva in uno dei dibattiti presidenziali tra Barack Obama e Mitt Romney nel 2012, quando lo sfidante fallì nel tentativo di incastrare il presidente. Romney si attaccò ad un dettaglio tecnico, sbagliando pure, e finì per danneggiare solo se stesso. Nel frattempo sono stati spesi milioni di dollari da parte di una Commissione speciale della Camera dei Rappresentanti per indagare sul caso Bengasi, con numerosi incontri e testimoni, e un bersaglio in modo particolare: Hillary Clinton.

L’alto livello di attenzioni pubbliche dedicate al caso hanno portato molti a pensare che Bengasi sarebbe stato il tendine di Achille dell’ex Segretario di Stato nella sua corsa alla Casa Bianca per il 2016. Ci sono infatti molte ragioni per criticare l’operato dell’Amministrazione Obama e specificamente di Hillary Clinton quando si parla del disastro libico.

Sarebbe stato intelligente – e utile – utilizzare il confronto su Bengasi per mettere in discussione la politica delle relazioni pericolose nel mondo mediorientale. La diplomazia e i servizi americani collaboravano con gruppi estremisti chiaramente legati ad Al-Qaeda, pur di raggiungere l’obiettivo di cambiare il regime libico. Non era certamente una pratica esclusiva agli Stati Uniti, ma se le critiche si fossero concentrate su questo punto forse si sarebbe potuto evitare il prolungamento di questa tattica problematica negli anni successivi.

Tuttavia i repubblicani si sono concentrati più sugli effetti politici dell’indagine che sugli errori strategici, e ora l’errore rischia di ritorcersi contro di loro. Non solo le indagini non hanno trovato alcuna pistola fumante ma diventa sempre più evidente il carattere puramente politico.

Due settimane fa l’On. Kevin McCarthy ha riportato l’attenzione sul caso Bengasi, giusto in tempo per la stagione delle primarie. McCarthy, che sarebbe dovuto succedere al Presidente della Camera John Boehner, è stato costretto a ritirarsi dalla corsa in parte perché ha ammesso pubblicamente che la Commissione su Bengasi aveva semplicemente lo scopo di danneggiare le chance di Hillary di arrivare alla Casa Bianca; tra la classe politica non era certamente un segreto, ma nel paese in generale questa ammissione rischia di vanificare gli sforzi dei repubblicani degli ultimi anni.

Ora Hillary – che comparirà davanti alla Commissione speciale la prossima settimana – ha la possibilità di dimostrare che le critiche erano puramente strumentali, evitando di dover rispondere nel merito per gli errori di “Hillary’s War”, come spesso viene definito l’intervento in Libia.

– Newsletter Transatlantico N. 74-2015

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