(free) – di Paolo Balmas –
L’autorità svizzera di controllo per la libera concorrenza (Comco), ha accusato sette banche di aver cospirato e operato al fine di influenzare i prezzi dell’oro, dell’argento, del platino e del palladio. Tra queste, due sono svizzere (Ubs e Julius Baer), due britanniche (Hsbc e Barclays), una statunitense (Morgan Stanley), una tedesca (Deutsche Bank) e una giapponese (Mitsui).
L’apertura delle indagini avviene in un momento critico per il settore minerario, che ha conosciuto negli ultimi tempi un crollo dei prezzi e una generale crisi produttiva.
Contemporaneamente, si sta facendo largo una narrazione piuttosto superficiale, ovvero che il rallentamento delle capacità produttive cinesi avrebbe causato la crisi globale del settore, poiché la Cina è il primo consumatore dei maggiori prodotti minerari e avrebbe causato un insostenibile calo della domanda.
Se da un lato è difficile rintracciare le reali cause, dall’altro è semplice constatare gli effetti. Ciò che sta accadendo nel settore minerario, fra le altre cose, è un sistematico assorbimento delle imprese che non riescono a sopravvivere da parte delle più floride, ovvero quelle più sostenute dal sistema finanziario delle banche.
Tuttavia, in questi tempi incerti, anche i colossi delle miniere come la britannica Glencore accusano gli effetti del mercato delle materie prime e rischiano di aumentare la propria dipendenza dagli istituti di credito, nonché un downgrade da parte delle agenzie di rating statunitensi.
– Newsletter Transatlantico N. 72-2015
October 2, 2015
Economia