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– di Paolo Balmas –
Il 26 febbraio 2015, il portavoce del Ministero della Difesa sudcoreano, Kim Min-seok, ha dichiarato che la Corea del Nord non è ancora in grado di armare i propri missili con testate nucleari.
In sostanza, Seoul conferma ciò che molti sospettano, ovvero che il Nord non ha la tecnologia e le conoscenze per miniaturizzare le testate nucleari. La miniaturizzazione è un passaggio obbligatorio per armare i missili.
Tuttavia, tale affermazione è opposta alla dichiarazione di alcuni analisti statunitensi che, invece, hanno affermato che Pyongyang sarebbe in possesso di vari missili dotati di testate sia al plutonio che all’uranio arricchito.
All’inizio della settimana, Hwang Joon-kook, il rappresentante di Seoul per i six-party talks (il processo diplomatico avviato dagli Stati Uniti, al quale la Cina partecipa come moderatrice, al fine di persuadere Pyongyang ad abbandonare i progetti per la realizzazione di armamenti nucleari), è partito per Mosca dove ha incontrato la controparte russa, Igor Morgulov.
La scelta di Seoul di schierarsi con coloro che riconoscono l’arretratezza tecnologica della Corea del Nord ridimensiona la narrazione dell’incombente minaccia che dovrebbe guidare le scelte politiche di Washington contro Pyongyang.
Il fatto che la dichiarazione arrivi il giorno seguente il rientro dalla Russia del delegato per i six-party talks, invece, rafforza la teoria secondo cui la penisola coreana sia al centro della politica di Mosca per espandere la propria influenza in Asia-Pacifico.
La scoperta avvenuta in Nord Corea all’inizio del 2014 di un bacino di terre rare (potenzialmente il più vasto del mondo), ha cambiato gli equilibri strategici della regione. La scoperta e la questione della minaccia nucleare sono al centro del dibattito sul futuro di Pyongyang.
March 2, 2015
Notizie, Strategia