– di Paolo Balmas –
Di fronte a un video di due uomini armati di kalashnikov che passano indisturbati su un marciapiede parigino e sparano a un poliziotto ferito a terra, un analista si fa automaticamente decine di domande. Alcune sembrerebbero superficiali e inutili, altre sono ovvie e fondamentali, ad esempio: da dove provengono i kalashnikov? Come fanno ad averli? Come è possibile il fallimento totale dei servizi di sicurezza francesi, che sono fra i migliori del mondo?
La prima impressione è che i terroristi vestiti di nero, con passamontagna, con il kalashnikov in mano, possono entrare indisturbati in Europa e fare ciò che vogliono, come se stessero in un teatro di guerra, come quello siro-iracheno o libico o yemenita. L’impatto mediatico è stravolgente, si perde quasi il contatto con la realtà, si confondono le immagini con la finzione dei serial televisivi che si consumano avidamente davanti ai teleschermi. Non a caso si è parlato di 11 settembre europeo, riferendosi a un evento le cui immagini televisive hanno sconvolto la percezione della realtà di più generazioni. […]
Tuttavia, l’impatto mediatico maggiore lo hanno proprio i kalashnikov. Prima di tutto perché sono fuori luogo. Sono quei fucili d’assalto a stravolgere la percezione del marciapiede parigino. Di passamontagna e di pistole se ne son visti a centinaia da una settantina di anni a questa parte.
Il kalashnikov è un simbolo. È un’icona. Hollywood lo ha reso tale, negli anni Ottanta, per rappresentare lo stereotipo del terrorista palestinese e, chiaramente, il vietcong (ribelle comunista vietnamita). Si è assistito così alla materializzazione di un archetipo del tempo presente. Vale la pena soffermarsi un attimo su cosa sia il kalashnikov.
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January 18, 2015
Migliori, Strategia