Polemiche sull’ESG nella finanza

Cresce la rivolta contro l’utilizzo dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance) ideati oltre 15 anni fa dalle Nazioni Unite e ormai al centro del dibattito nel mondo degli investimenti. In una dozzina di stati americani – a guida repubblicana – i tesorieri dei conti pubblici hanno già preso misure per interrompere i rapporti finanziari con società di gestione e di servizi che applicano i criteri ESG nelle loro operazioni. Alcuni lo fanno per interesse pratico, per esempio la West Virginia per via della grande concentrazione di miniere di carbone nello stato, mentre altri hanno una visione più ampia, opponendosi all’utilizzo di criteri che definiscono come “ideologici” nella gestione finanziaria, che dovrebbe invece puntare unicamente alla massimizzazione dell’interesse del cliente.

Il CEO della BlackRock, la società di gestione finanziaria più grande al mondo, Larry Fink, è il personaggio del settore che più spinge i criteri ESG come fattore cruciale per il futuro, e quindi il peso di questo approccio è diventato significativo negli ultimi anni. Di contro, ci sono alcune figure più conservatrici che contestano questo metodo: da Elon Musk che lo chiama un imbroglio, a Peter Thiel una “fabbrica dell’odio”, all’oracolo di Omaha Warren Buffet, che definisce l’abbraccio della causa ESG come “asinino”. Rimane il fatto che oggi le società di oil & gas fanno più fatica a raccogliere capitali, perché ormai i criteri ESG vengono utilizzati ampiamente nel mondo finanziario, comprese nelle grandi agenzie di rating. L’argomento è che in questo modo si sta pensando ai veri interessi a lungo termine della società. Ma gli oppositori ribattono denunciando quello che chiamano un falso ragionamento: se le priorità ESG fossero così scontate come modo di ottimizzare il valore a lungo termine, allora sarebbe naturale per gli investitori seguirle, e non sarebbe necessario doverle imporre per norma.

– Newsletter Transatlantico N. 2-2023