Il presidente Obama ha annunciato la nuova strategia per combattere lo Stato Islamico (IS o ISIS) in Iraq e in Siria la scorsa settimana, basata su una coalizione di stati che interverranno direttamente e indirettamente nell’area per bloccare l’avanzata del nuovo nemico. Da parte americana ci saranno i raid aerei, le armi e i soldi, ma si ripete in continuazione “no boots on the ground”, cioè che i soldati americani non saranno mandati a compiere azioni di terra.
Secondo alcune fonti la Cia non sarebbe convinta che questa strategia funzionerà. Un articolo di Ryan Grim e Sam Stein pubblicato dall’Huffington Post il 17 settembre afferma che i capi dell’intelligence americana non credono che si potrà combattere lo Stato Islamico in modo efficace facendo affidamento sull’opposizione siriana; anzi, sarebbe visto come un fallimento sicuro, in base all’esperienza della Cia degli ultimi anni.
Seppur si tratti di un programma tecnicamente segreto, è risaputo che il Free Syrian Army viene addestrato dall’intelligence americano in Giordania, come svelato dal Washington Post l’anno scorso. Secondo Grim e Stein “La Cia rifornisce già i ribelli siriani dietro istruzioni della Casa Bianca, ma ha trovato che i combattenti sono sempre più disorganizzati e anche radicalizzati man mano che va avanti il conflitto, e le armi fornite dagli Usa finiscono in mano ai combattenti più radicali”.
L’Huffington Post cita anche un membro del Congresso che afferma: “La Cia pensa che sia impossibile addestrare e equipaggiare una forza di siriani pro-occidentali che possano combattere contro e sconfiggere Assad, al-Nusra e l’ISIS, a prescindere dal sostegno aereo che riceveranno”.
A questa opposizione dietro le quinte si aggiungono le voci autorevoli degli ex generali Anthony Zinni e William Fallon in merito all’inefficacia della strategia attuale; entrambi gli ex comandati del Central Command delle forze armate americane sostengono che non sarà possibile sconfiggere l’ISIS senza le truppe di terra.
Non va ignorata la gelosia della Cia in merito alle proprie operazioni, che nel nuovo scenario finiranno sotto la guida del Pentagono. Il Vice-Consigliere per la Sicurezza Nazionale Ben Rhodes difende il cambiamento, parlando di un aumento della trasparenza e del controllo sull’operazione.
Le pressioni per guidare una guerra contro l’ISIS sono molto forti, tanto che Obama ha cambiato posizione completamente rispetto a qualche mese fa quando derubricava l’ISIS come una squadra di serie B e si rifiutava di annunciare il sostegno per i ribelli in modo pubblico. Ora i video della decapitazione di ostaggi americani e inglesi hanno avuto l’effetto desiderato: gli Usa si sentono costretti a prendere la guida dell’operazione, in linea con gli interventi dell’ultimo decennio che hanno creato più terroristi di quanti sono stati eliminati.
Nel frattempo si parla sempre di più di una collaborazione di fatto con il governo di Assad. A parole Obama e Kerry continuano a negare questa intenzione, ma c’è chi sostiene che le due parti si stanno già scambiando informazioni in merito alla situazione sul campo. Alcuni ufficiali della Cia starebbero facendo pressioni per andare avanti su questa strada.
Una fonte libanese citata da Al-Monitor parla anche di sforzi da parte dell’Italia per coordinare le operazioni contro il terrorismo. Gli ufficiali dell’intelligence italiana si sarebbero incontrati recentemente con il capo dell’intelligence di Damasco, ma senza raggiungere un’intesa.
September 18, 2014
Notizie, Strategia