Israeliani e palestinesi sono stati trascinati nelle recenti trattative dal Segretario di Stato Usa John Kerry, con buone intenzioni, ma senza una chiara strategia per il successo. Da una parte Netanyahu e i suoi sostenitori, e dall’altra l’ala estrema di Hamas, preferiscono mantenere lo scontro piuttosto che fare concessioni serie, come è diventato evidente anche dalle loro azioni nelle ultime settimane.
Il ruolo degli Stati Uniti in questo processo va visto nell’ottica del potenziale accordo con l’Iran, dove il presidente Obama deve navigare l’opposizione interna ed esterna al nuovo corso, con pressioni e concessioni verso chi preferisce imboccare la strada di nuove guerre.
Durante un incontro a Gerusalemme lo scorso novembre tra il Segretario di Stato Usa John Kerry e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu – mentre il primo insisteva con il secondo sull’importanza di impegnarsi seriamente per un accordo di pace con i palestinesi – Kerry ha giocato una carta insolita. Secondo un lungo articolo nella rivista americana National Review, il Segretario di Stato ha fatto riferimento ai suoi anni da soldato in Vietnam: “Quando combattevo nel Vietnam, osservavo le facce della popolazione locale e come ci guardavano. Non me lo dimenticherò mai. Mi ha reso chiaro che vedevamo la situazione in modi completamente diversi”.
Mentre Netanyahu citava “il vero problema” – l’indottrinazione di giovani palestinesi per credere nella necessità di distruggere Israele – Kerry avrebbe continuato dicendo che “vale la pena cercare di vedere la vita dal punto di vista palestinese… Non importa se sia giusto o sbagliato; semplicemente è. Non si può risolvere la situazione se non si riesce a vedere come la vedono loro”.
I tentativi di raggiungere un accordo di pace preliminare tra israeliani e palestinesi sono di nuovo scoppiati in fiamme nelle ultime settimane. Non è una novità, e come abbiamo scritto recentemente, ci sono fazioni da entrambe le parti che purtroppo sono contente di come si evolve la situazione.
Come abbiamo riportato recentemente (si veda Il clan dietro al rapimento…) il rapimento dei tre studenti ebrei è stato opera di un gruppo deviato che ha una lunga storia di sabotaggio del processo di pace: gli attentatori del clan Qawasmeh di Hebron sembrano spuntare sempre nel momento in cui sono possibili dei passi in avanti. In questo caso hanno agito subito dopo la creazione del governo di unità palestinese tra Fatah e Hamas, iniziando la serie di eventi che ha portato alla drammatica situazione di oggi.
Da parte israeliana invece si è sfruttata “l’occasione” per un ritorno al conflitto, accusando subito Hamas a livello politico pur in mancanza di prove, e evitando per settimane di dire quello che al governo era già noto da quasi subito che i ragazzi erano stati uccisi. In questo modo si è giustificata la campagna militare delle prime settimane (come descritto da J.J. Golberg su Forward).
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July 23, 2014
Strategia