– di Andrew Spannaus –
Il neo-presidente americano Donald Trump sembra intenzionato a dimostrare che terrà fede a tutte le sue promesse elettorali da subito, e pertanto nella sua prima settimana alla Casa Bianca ha firmato una serie di decreti esecutivi, su temi come i trattati commerciali, il muro con il Messico, e l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti.
L’ultimo di questi ha rappresentato il primo grande passo falso della presidenza Trump.
La decisione di bloccare per 120 giorni l’ingresso di cittadini da 7 paesi a maggioranza musulmana – Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen – assomiglia al “divieto di entrata ai musulmani” di cui Trump ha parlato da candidato. L’obiettivo sarebbe di dimostrare l’intenzione di rispondere in modo deciso alla minaccia del terrorismo islamico.
Tuttavia il decreto è stato pensato male e attuato peggio. Intanto, come molti hanno fatto notare, mentre l’elenco dei paesi scelti include sì gli stati dove operano l’Isis e Al Qaeda, è interessante notare che negli ultimi anni non ci sono stati attentati commessi negli Stati Uniti da cittadini di tali paesi. Anzi, se torniamo agli attentati dell’11 settembre 2001, vediamo che 15 dei 19 dirottatori erano dell’Arabia Saudita, mentre gli altri provenivano dall’Egitto, dal Libano e dagli Emirati Arabi Uniti.
La discrepanza in questo caso sottolinea ancora di più la necessità di affrontare l’eredità della politica decennale di trattare come alleati gruppi di estremisti sunniti visti come utili per gli scopi geopolitici dell’Occidente. Da candidato e da Presidente-eletto Donald Trump ha ripetuto più volte la sua intenzione di mettere fine alla politica di “cambiamento di regime”; ora ha la possibilità di prendere due piccioni con una fava: mentre tenta di allontanare la politica estera americana dagli interventi militari controproducenti, potrà anche porre fine ai canali “coperti” che hanno ignorato o a volte favorito lo sviluppo di terroristi anti-occidentali proprio con l’aiuto dell’Occidente.
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January 31, 2017
Politica